Web e adolescenti, il 35% convinto che l’uso sbagliato non porti conseguenze
Una ricerca realizzata dall’università Sapienza di Roma e dalla Polizia Postale, in collaborazione con il Dipartimento per la Giustizia Minorile descrive gli adolescenti italiani connessi ai social network 24 ore su 24, inconsapevoli dei rischi legati alla condivisione dei contenuti in rete, come quelli legati al cyberbullismo, all’adescamento on line e al sexting.
“E tu quanto #condividi?” è il nome del progetto che ha coinvolto 1.874 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni con l’obiettivo di indagare non solo l’uso di Facebook, Instagram, Twitter e Whatsapp, ma anche le reazioni dei giovani di fronte ai comportamenti illegali in rete.
Dai risultati della ricerca è nato il “toolkit safe web”, un vademecum per navigare sicuri rivolto agli studenti, alle famiglie e agli insegnanti, che contiene anche i riferimenti normativi sull’uso sicuro della Rete, compresa la recentissima legge contro il cyberbullismo (legge n.71 del 29 maggio 2017), contiene un riassunto delle norme in materia di Web sicuro, le caratteristiche tecniche dei social con l’illustrazione dei rischi connessi, i fenomeni criminali che si alimentano grazie al Web.
Secondo i dati la maggior parte dei ragazzi utilizza i social network per varie ore dal telefonino, con Whatsapp che è il loro preferito: dichiarano di farne uso 9 ragazzini su 10. Cinque su 10 preferiscono Instagram mentre solo uno su dieci usa Twitter. Quanto ai motivi, la maggior parte di loro (6 su 10) afferma di utilizzarli per socializzare o per semplice curiosità. Sui social gli adolescenti condividono soprattutto messaggi e foto (6 su 10) e video e notizie (2 su dieci).
Parole pesanti, indiscrezioni diffamatorie, aggressioni verbali in rete sembrano essere senza conseguenza per loro: solo nel 36% dei casi i ragazzi delle scuole superiori sono consapevoli del fatto che i contenuti immessi in rete hanno un pubblico potenzialmente “globale ed eterno”. E il 60% crede erroneamente di poter limitare l’accesso ai contenuti che condivide in modo definitivo, usando le opzioni di privacy offerte dai social.
Chi è vittima di reati on line chiede aiuto ai genitori in 7 casi su 10 soprattutto tra i più giovani, mentre tra i più grandi 6 su 10 cercano conforto tra i coetanei e 5 su 10, a prescindere dall’età, si rivolge alle Forze dell’ordine.
Dai dati emerge poi una forte tendenza dei ragazzi a colpevolizzare la vittima quando questa ha accettato le richieste di video e foto.
Riguardo al fenomeno Blue Whale, delle centinaia di segnalazioni arrivate alla polizia la maggior parte è dovuta ad emulazione o a forme di disagio giovanile di chi si aggrappa al fenomeno e lo usa per tirare fuori altri problemi. Fortunamente in Italia sono pochi i tentativi di suicidio e potrebbero non essere legati al Blue Whale.