Chi propone il diploma quadriennale non sa cosa succede nelle nostre scuole

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Liceo breve. Ora c’è il placet anche di Giovanni Berlinguer. Dopo l’analisi del Sole 24 ore secondo il quale il taglio del quinto anno delle superiori porterebbe a un risparmio di un miliardo e mezzo di euro, l’ex ministro dell’Istruzione conferma le proprie tesi e rilancia la bontà della sua legge che diciassette anni orsono si proponeva appunto di tagliare di un anno il percorso scolastico finale dei nostri studenti.

Oggi in un’intervista sostiene che la scelta sarebbe una priorità per consentire ai nostri giovani di entrare prima nel mondo del lavoro. Ma probabilmente né l’ex ministro né tanti altri conoscono fino in fondo quel che succede nelle nostre scuole.

Certo, chiedere agli insegnanti di apprezzare il liceo breve sarebbe come chiedere a chi è seduto su un ramo di segare il medesimo. Non si chieda loro un parere sull’argomento del giorno pretendendo pure che essi siano obiettivi. Tuttavia, la realtà va raccontata per intero.

I docenti delle scuole secondarie di secondo grado sono impegnati costantemente in attività di recupero pomeridiano, in quello estivo, in quello definito in itinere, magari in quell’altro con programma e verifiche frazionate, e si potrebbe continuare.

Tutto questo perché la gran parte degli studenti non è in grado di seguire il ritmo delle lezioni che solo vent’anni orsono sarebbe stato definito addirittura lento. I ministri e gli ex ministri dovrebbero sapere che occorre includere i ragazzi e le ragazze affetti da un’imponente mole di disturbi e disagi il più delle volte certificati dalle autorità sanitarie.

Nelle scuole di alcune regioni i Dsa, i disturbi specifici dell’apprendimento, hanno conosciuto un’impennata stratosferica. Nel frattempo ha fatto irruzione nelle aule la problematica dei Bes, i Bisogni educativi speciali, di cui sono portatori migliaia di alunni non classificabili come diversamente abili né come Dsa, con gli annessi oneri formali e reali a carico non solo dei docenti ma anche dell’andamento dei programmi da svolgere.
E la presenza di un numero imponente e in costante crescita di alunni stranieri con gli evidenti problemi di comprensione linguistica? Tutto ciò comporta continui e opportuni rallentamenti della didattica che sul piano formale vanno anche documentati, altrimenti il Tar…

Si aggiungano l’alternanza scuola lavoro che tengono gli studenti lontani dalle aule per settimane e i corsi per la sicurezza, visto che gli studenti sono appena stati trasformati in lavoratori, per legge, e dunque i ministri e l’ex ministro lo sanno.

Dunque ci si attenderebbe l’introduzione di interventi di orientamento opposto rispetto a quello che individua la salvezza degli studenti in una contrazione del tempo degli studi a parità di programma da svolgere. Se invece s’intende arrivare alla creazione di alcuni istituti frequentati da piccoli geni, che pur ci sono, e magari già anticipatari, lo si dica.

Bisogna riconoscere che rimane il fatto che alcuni argomenti vengono ripetuti diverse volte, dalle primarie alle superiori, con duplicazioni inutili. Si tenga conto però che di contro negli ultimi tempi sono aumentati i temi, gli ambiti delle nuove conoscenze e dunque le esigenze di vedere aumentata l’offerta formativa, quella seria.

Si pensi all’ambito dell’informatica, che andrebbe affidata a insegnanti sempre all’altezza del compito, ma anche alla storia, con i programmi che sono fermi al 1945 e che invece andrebbero allungati di un altro mezzo secolo e ancor di più, allo studio della letteratura italiana che, se insiste su Manzoni, esclude Alvaro, Bassani e Pasolini, per tacer d’altri. In molti licei spesso manca lo studio delle materie giuridiche ed economiche, tanto che molti diplomati non conosceranno mai concetti giuridici ed economici fondamentali per la comprensione della realtà sociale se non si iscriveranno a Giurisprudenza o Economia.

Un medico, già diplomato al liceo classico, non ha il diritto di sapere cosa siano un decreto legislativo, un contratto, un’imposta indiretta o l’usucapione? Insomma, ci starebbe un potenziamento dell’istruzione e dei suoi tempi, non una ritirata. Si controbatte che ieri bastavano quattro anni di Magistrale per formare un maestro bravo. Ma oggi non è più ieri.

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