Riforma scuola. Nuovo sistema 0-6, nessuna certezza per settembre, ma le maestre stiano tranquille. Parola di Francesca Puglisi (PD)
La responsabile nazionale Scuola del Pd, intervenuta come relatrice in un incontro pubblico organizzato a Modena dal Partito democratico sul processo di riordino del sistema scolastico dei nidi e delle scuole d’infanzia, esclude categoricamente che le maestre di queste ultime scuole, statali e non statali, possano essere impiegate come educatrici dei nidi una volta ultimata l’unificazione dei due attuali percorsi.
La responsabile nazionale Scuola del Pd, intervenuta come relatrice in un incontro pubblico organizzato a Modena dal Partito democratico sul processo di riordino del sistema scolastico dei nidi e delle scuole d’infanzia, esclude categoricamente che le maestre di queste ultime scuole, statali e non statali, possano essere impiegate come educatrici dei nidi una volta ultimata l’unificazione dei due attuali percorsi.
“Devo dire però – risponde Puglisi alla responsabile provinciale della Cisl scuola, Monica Barbolini che le aveva posto alcune precise domande – che al Sud non sento questa preoccupazione nel sindacato visto che le scuole statali rischiano di chiudere e i bambini di 2 anni finiranno per essere inseriti in quelle scuole in assenza di una preparazione adeguata. Per me, l’ideologia è il bambino, e il bambino dev’essere salvaguardato”.
Né ci saranno grandi novità sulla formazione iniziale visto che non sarà chiesto nulla di nuovo alle maestre d’infanzia perché hanno la laurea in Scienze della formazione primaria e ora ci sarà il concorso.
“Per lo 0-3 anni –spiega la senatrice – è chiesta la laurea triennale. Ma possiamo pensare a un percorso di crediti con esami per consentire loro di finire il corso di studi per arrivare a Scienze di formazione primaria senza dover ripartire da capo”.
Il dibattito s’inscena in una terra dove asili e scuole d’infanzia affondano le radici in una tradizione straordinaria, dove alcune recenti indagini basate su interviste condotte tra le famiglie indicano come eccellenti i nidi e le scuole d’infanzia comunali (assai meno quelle statali), ed eccellenti soprattutto le prestazioni degli operatori e dei coordinatori pedagogici (in perenne processo di aggiornamento e formazione), e dove gli obiettivi di Lisbona sono prossimi al loro raggiungimento.
Non è mancata l’occasione, invece, per stigmatizzare le lacune presenti in altre regioni, non solo del Sud, dove mancano leggi regionali sul segmento 0-3 anni e, quanto a investimenti, si cita invece il Mezzogiorno dove pure, stando alle dichiarazioni della senatrice Puglisi, “i soldi dello Stato sono arrivati, ma in regioni come la Calabria sono stati spesi per fare altro e sono molto arrabbiata per il fatto che qui invece i Comuni non abbiano visto un euro dallo Stato.
Il paradosso è che il Sud è stato coperto di soldi per raggiungere obiettivi che però non sono stati raggiunti e funziona che i bambini utilizzano il sistema degli anticipi nelle scuole statali. Lo Stato invece deve garantire a tutti le stesse opportunità, da qui un fondo nazionale da dare a tutti i Comuni in base a dei criteri oggettivi che gerenino qualità ed equità”.
Gli amministratori emiliani e settentrionali sanno però che la qualità degli asili rischia di perdere colpi se non ci si attrezza davanti alla modificazione della qualità della domanda, alle nuove esigenze di flessibilità oraria, alla crisi economica che ha spinto molte famiglie a non iscrivere i bambini ai nidi, soprattutto alla luce di tariffe che arrivano a oltre 510 euro mensili per bambino (cifra che copre solo un quarto della spesa che i Comuni spendono per garantire il servizio che grava per il 75 per cento sulla fiscalità generale e dunque sui bilanci degli enti locali già in preda a restrizioni finanziarie e divieti di assunzioni), a una crescente e contestata ideologia che spinge erroneamente a far ritenere che dei nidi si possa fare a meno preferendo nonni o baby sitters e privando però i bambini di opportunità vitali visto che “l’età da 0 a 6 anni è l’età dell’oro per recuperare ogni svantaggio”, ribadisce la Puglisi.
C’è pure l’atteggiamento di taluni pediatri, denunciano gli amministratori pubblici intervenuti, che inviterebbero le famiglie a non mandare i figli ai nidi per evitare malattie, che peraltro sarebbe auspicabile contrarre per allenare il sistema immunitario visto che le nostre case sono ormai delle sale operatorie in quanto a sterilizzazione ed eccesso di detergenti con grandi ricadute su malattie dell’infanzia come allergie e asma..
Eppure i pediatri, con le loro associazioni, hanno chiesto di essere auditi in Commissione Istruzione al Senato – in occasione del procedimento legislativo che sta portando alla ultimazione del decreto legislativo partorito da una delle sette deleghe date al governo e che non riguardano solo il riodino del ciclo 0-6 anni – “perché è nei nidi che si recuperano le criticità”, spiega la Puglisi.
“Puoi avere la migliore Mary Poppins – precisa la senatrice – ma le opportunità che hai al nido sono irrinunciabili. Non mandare i figli al nido è negativo”.
L’attesa è grande e con essa crescono le preoccupazioni. La legge 107 sulla Buona scuola ha escluso dal proprio piano straordinario di immissioni in ruolo le maestre di nidi e scuole dell’infanzia proprio in prospettiva di un riordino del ciclo.
Ma quando sarà ultimato il riordino? Le chiediamo: entrerà in vigore il 1 settembre prossimo? Sì o no?
“Non ho la certezza che il nuovo sistema, che sta procedendo speditamente, entri in vigore a settembre”, risponde la responsabile scuola del Pd.
“La cosa importante è che il decreto legislativo veda la luce entro i 18 mesi indicati dalla delega che sarà senz’altro attuata. Lo stesso Renzi ci ha appena spronato dicendoci che siamo un po’ in ritardo. Ma tra tutte le deleghe questa è quella che si trova in uno stato più avanzato poiché il progetto viene da lontano, viene da una mia precedente proposta di legge già incardinata in Commissione Istruzione, tuttavia all’epoca Monti ci rise in faccia.
Ma ora c’è Renzi, il progetto procede, è già chiuso il termine per gli emendamenti, sono state fatte le audizioni. Bisogna in tutti i modi trovare i rivoli dove vengono disperse le risorse finanziarie ma ce la faremo perché i servizi educativi sono strumenti indispensasbili per combattere la povertà”.
E come si fa a conciliare la qualità del nuovo segmento con l’età prossima ai 65-70 anni, di maestre che non riescono più ad andare in pensione e alle quali affidare bambini così piccoli? La domanda è della responsabile Cisl scuola, Monica Barbolini.
“Il potenziamento non è stato dato all’infanzia – ammette la Puglisi – Ma se l’economia lo consentirà speriamo di potere arrivare a forme di flessibilità in uscita. Chiedo agli insegnanti di sostenerci in questa battaglia poiché se non si fanno dei passi avanti se ne faranno molti indietro”.