La “Riforma Gelmini” presenta il conto. Miur vicino al commissariamento
di Danilo D'Amico, dottore commercialista e docente di economia – Nell'attesa che il pallido chiarore appena visibile all'orizzonte si trasformi nell'astro luminoso della “Buona Scuola” che di lì a poco dovrebbe riscaldare il mondo, il palazzo ministeriale di Viale Trastevere getta ombre sinistre sull'affollata schiera dei propri stakeholders.
di Danilo D'Amico, dottore commercialista e docente di economia – Nell'attesa che il pallido chiarore appena visibile all'orizzonte si trasformi nell'astro luminoso della “Buona Scuola” che di lì a poco dovrebbe riscaldare il mondo, il palazzo ministeriale di Viale Trastevere getta ombre sinistre sull'affollata schiera dei propri stakeholders.
Una di queste arriva dal lontano aprile 2013 quando, su ricorso del sindacato della scuola Snals-Confsal, il T.A.R. Lazio, con la sentenza n. 3527/2013, passata in giudicato, ha annullato una serie di norme regolamentari della cosiddetta “Riforma Gelmini”, riguardanti l'istruzione secondaria superiore, nei due ambiti tecnico e professionale.
La ratio dell'annullamento risiede nel fatto che la ministra Mariastella ha apoditticamente determinato un nuovo quadro orario per gli Istituti Professionali e Tecnici, adottato seccamente, senza l'indicazione di alcun criterio, ignorando l'obbligo di richiedere il parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (oggi Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione).
Solo per inciso, ricordo che quest'ultimo è un organo di garanzia, elettivo, previsto dalla legge, per il quale il Miur negli ultimi anni ha “dimenticato” di indire le elezioni, tanto da dover essere poi costretto a farlo (sic!) da una Sentenza del Consiglio di Stato, la n. 834/2015 del 17/02/2015. Le elezioni si sono tenute in fretta e furia meno di due settimane fa, il 28 aprile 2015, presso tutte le scuole italiane.
Ma tornando alla “Riforma Gelmini” per gli istituti in questione, si scopre che essa è priva di una riconoscibile razionalità, tanto che dal Tar si osserva che, paradossalmente, vi saranno ragionieri che avranno studiato meno discipline economico aziendali e meno matematica applicata, aspiranti meccanici che avranno studiato meno meccanica e meno laboratorio, e così via dicendo per tutti gli insegnamenti qualificanti dei due istituti.
Nella sostanza, i decreti della Gelmini hanno inciso sulle materie caratterizzanti i corsi, determinando una violazione dei livelli essenziali delle prestazioni fissati con il D. Lgs. 226/2005, in assenza di chiari criteri in base ai quali la riduzione è effettuata e con l'allegazione del mero dato numerico percentuale del taglio. Il tutto con conseguenti gravi ricadute in termini di riduzione di organico dei docenti e di garanzie formative per gli studenti.
La cosa è così evidente che il Tar Lazio non ha potuto fare a meno di rappresentarlo, scrivendo: << Già ictu oculi si può notare che le due disposizioni regolamentari più che recare norme per la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari” portano sic et simpliciter il taglio degli orari. >> Vale a dire che la riduzione oraria non è funzionale ad alcuna opera o criterio di razionalizzazione, ma è fine a se stessa.
Com'è facile fare le riforme! Per ricordare ora qualche dato soggettivo, al momento del deposito della sentenza di annullamento del Tar, vale a dire l'8 aprile 2013, il palazzo di Viale Trastevere era retto dal ministro sig. Francesco Profumo (Governo Monti) che di lì a poco, il 28 aprile 2013, avrebbe ceduto le redini alla ministra sig.ra Chiara Carrozza (Governo Letta), che poi avrebbe visto succederle, dal 22/02/2014, la ministra sig.ra Stefania Giannini (Governo Renzi).
Per tutto questo tempo (due anni), su un tema di rilevanza nazionale così importante, il Miur ha sostanzialmente evitato di porsi il problema, scegliendo di non dare attuazione al giudicato amministrativo. Come capita in alcune feste di paese, cambia la banda, ma la musica è sempre la stessa. Poi, qualche giorno fa, arriva la definizione del giudizio di ottemperanza promosso sempre dallo Snals-Confsal, per costringere il Miur a rispettare la sentenza n. 3527/2013. Vede così la luce una nuova sentenza del Tar Lazio, la n. 6438/2015 resa il 29 gennaio 2015, ma depositata il 05 maggio 2015, che assegna al Ministero il termine di 30 giorni per dare esecuzione alla precedente sentenza di annullamento. Laddove il Miur non dovesse eseguire nei termini, nomina il Prefetto di Roma (o un suo sostituto) quale commissario ad acta, cui assegna l'ulteriore termine di 90 giorni perché provveda all'esecuzione.
Dunque, tutti gli Istituti Tecnici e Professionali italiani devono velocemente tornare, per quadri orari e insegnamenti, a prima della Riforma Gelmini (in effetti, avrebbero dovuto farlo già dall'aprile 2013).
La realtà dei fatti ci dice che dal 2013 a oggi i decreti Gelmini, seppur annullati, sono stati – ahimé – applicati. Infatti, in conformità a tutta una normativa inesistente nell'ordinamento (perché annullata), il Ministero ha effettuato trasferimenti coatti di personale, bocciature di studenti, rilascio di diplomi: tutti atti verosimilmente illegittimi. Ne è una prova la sentenza 72/2015 del 26/02/2015 (pubblicata il 27/04/2015) del Tribunale di Como, con la quale viene annullato il trasferimento d'ufficio di un docente di un istituto tecnico. Il docente in questione era stato forzatamente trasferito proprio per effetto della (annullata) Riforma Gelmini. Com'è evidente, tutti gli atti emanati dopo l'annullamento dei decreti Gelmini sono illegittimi e, qualora l'interessato (docente, dipendente, studente) decidesse di ricorrere alla tutela giurisdizionale dei propri diritti, essi saranno prontamente annullati. Tirando le somme, dall' 8 aprile 2013 tutti i trasferimenti coatti di personale che l'amministrazione ha effettuato a seguito delle riduzioni orarie decise dalla ministra Gelmini sono da considerare illegittimi. Ma v'è di più.
Anche i diplomi rilasciati agli studenti in questo stesso periodo non possono essere considerati equipollenti a quelli emessi ante riforma e risultano, anch'essi, verosimilmente viziati. Quest'aspetto è sostanziale e allarmante, laddove si pensi alle conseguenze sulla spendibilità dei diplomi e alla loro equipollenza in ambito lavorativo.
Il Paese sembra ormai aver compreso che l'approssimazione e la superficialità con le quali gli uffici ministeriali predispongono le riforme ricade pericolosamente sui cittadini. In questo caso, però, il danno è per i cittadini più giovani, gli studenti, i quali, già sofferenti perché privati della garanzia di un ragionevole percorso lavorativo (ricordiamoci le statistiche sulla disoccupazione giovanile), perdono anche la razionalità del proprio percorso di formazione scolastica. Una riforma malfatta fa soffrire di più di una riforma non fatta.
La domanda a questo punto è: cosa farà il Governo ora? Difficile dirlo. Ipotizzando un possibile scenario, potrebbe far trascorrere i 30 giorni assegnati dal Tar senza fare nulla e poi negoziare con il Prefetto di Roma (anch'esso un organo del Governo) al fine di far decorrere anche gli ulteriori 90 giorni dell'esecuzione coatta. Avrebbe così almeno 120 giorni a disposizione, in cui potrebbe far approvare il disegno di legge della “Buona Scuola” e, una volta che questo sia diventato legge dello Stato, correre per emanare uno dei decreti legislativi previsti dalle vaghe e innumerevoli deleghe contenute nell'art. 21 (forse quelle di cui alle lettere g e h).
Ma se anche così fosse, questo non sistemerebbe le sopra indicate illegittimità (trasferimenti, diplomi, ecc.), che resterebbero tali per il periodo che va dall'aprile 2013 al periodo di entrata in vigore del (futuro) decreto legislativo che sistemerebbe le cose
Che dire ancora? Chi, come me, ha imparato dalla vita che una mela non cade mai troppo lontana dal suo albero, avrà il timore che la nuova riforma non sarà tanto migliore di quelle che l'hanno preceduta. Ma io non voglio essere un gufo della boscaglia che, con i grandi occhi sgranati, guarda i problemi a grandezza naturale. Voglio volare alto nel cielo come un'aquila dalla testa bianca e guardare il mondo da lassù, dove i problemi (e anche gli uomini) sembrano tutti così piccoli, così facilmente gestibili. E librandomi ad alta quota sul palazzo di Viale Trastevere, voglio pensare che lì dentro, funzionari solerti e preparati stanno attendendo alla riforma della Scuola per il bene degli studenti e delle loro famiglie. Ma, vi prego, … non chiedetemi di scendere!