Concorso scuola 2016. Pasticcio di illogicità oppure lucido disegno politico? Lettera di un “In-Segnante”
Il concorsone scuola si avvicina e nascono spontanee alcune questioni che vogliamo sottoporre ai membri plausibili delle future commissioni.
Il concorsone scuola si avvicina e nascono spontanee alcune questioni che vogliamo sottoporre ai membri plausibili delle future commissioni.
Primo fra tutti, come si potrebbe chiedere a chi ha già esaminato per ben due volte (1. prove preselettive per accedere ai corsi abilitanti costituite da test d'ingresso + prova scritta + prova orale, e 2. gli stessi corsi abilitanti annuali con frequenza obbligatoria + esami in itinere + tirocinio a scuola + esame finale), di valutare nuovamente (per la terza volta) gli stessi concorrenti di cui siano state già certificate le competenze?
Se infatti si provano a contare le prove di cui sopra, queste risultano di gran lunga in numero maggiore, nonché di natura estremamente più selettiva (e oggettiva) di qualsiasi concorso svolto ad oggi nella storia italiana (le sole prove preselettive hanno consentito l'accesso ai corsi abilitanti mediamente al 7% dei concorrenti, quindi sono state ancora più severe di quelli che sono mediamente gli esiti di qualsiasi concorso svolto finora). È chiaro che i candidati siano stati già sottoposti ad una selezione “più che concorsuale”, anche se volutamente non è stata chiamata in questo modo…
Come si potrebbero valutare diversamente (o addirittura pensare di bocciare) gli stessi concorrenti che hanno superato questa durissima selezione e corsi di durata annuale tenuti dagli stessi docenti ora chiamati nuovamente alla valutazione, dopo essere stati essi stessi a dare le due precedenti?
Corsi che, sia chiaro, sono volti a formare insegnanti e non altre categorie di professionisti per cui magari si sarebbe potuto ritenere opportuno bandire un apposito concorso che richiedesse professionalità diverse o aggiuntive rispetto a quelle per cui inizialmente gli stessi erano stati formati (caso del “laureato non abilitato all'insegnamento”, cioè del laureato formato in una specifica disciplina, magari abilitato all'esercizio della libera professione, ma non formato e abilitato per insegnare).
Sarebbe come disconoscere la capacità della commissione stessa di saper valutare, nonché l’imparzialità di una commissione che già si è espressa in tal senso per ben due (2!!) volte.
Ma sarebbe anche una presa in giro nei confronti di tantissime eccellenze italiane (i nostri laureati) non giustamente valorizzati e, al contrario, continuamente mortificati dopo aver dedicato i migliori anni della loro vita allo studio: il corso-concorso lo hanno già superato con le precedenti prove selettive e i tirocini a scuola.
Inoltre, valutare diversamente da quanto già certificato sarebbe incoerente con le iniziali indicazioni del MIUR stesso, il quale prima addirittura aumenta il numero dei docenti che intende abilitare (consentendo la partecipazione ai corsi TFA del secondo ciclo anche agli idonei delle selezioni TFA primo ciclo) – ammettendo dunque che il contingente inizialmente stabilito era sottostimato – e poi col concorso chiede di farne passare uno su tre (1/3): avrebbero fatto meglio a non fare spendere tutto quel tempo, tutte quelle fatiche e tutti quei soldi ai docenti in sovrannumero di cui sopra. Se si sono sbagliati a fare i conti, non possono scaricare sui docenti abilitati la responsabilità che è dello Stato: oggi lo Stato si deve assumere queste responsabilità! Gli Italiani sono stanchi di slogan: che si assuma le responsabilità chi di dovere, dicendo un sonoro “scusate abbiamo sbagliato”!
Ma oltre ad essere incoerente, sarebbe anche paradossale da un altro punto di vista: come si potrebbe chiedere a un Dirigente Scolastico o a un docente curriculare di far parte oggi di queste commissioni? Difatti, tranne casi particolari, con tutto il rispetto, potrebbe verificarsi la situazione di avere membri di commissione con meno competenze degli abilitati: a meno che non sia chiaramente documentabile, in virtù della “formazione più recente”, gli ultimi abilitati hanno conseguito un percorso più ricco che prevedeva, tra le tante discipline, anche “Storia della scuola e professionalità docente, Didattica e pedagogia speciale, Didattica e pedagogia speciale rivolti ai bisogni educativi speciali, Pedagogia sperimentale, Tecniche di valutazione, Didattica disciplinare applicata su “n” discipline della classe di concorso e quindi “n” esami, Tirocinio diretto e indiretto, Prova finale alla presenza di un commissario designato dal Miur, etc…
È logico pretendere che tale formazione sia già stata fornita agli esaminatori “prima degli esaminati”: a tal proposito, qualcuno addirittura ha parlato di “esaminati più competenti degli esaminatori”.
Ma forse si chiede di sconfessare quanto già certificato dal loro organo superiore (MUR) nonché datore di lavoro?
Difatti, significherebbe contestare:
1) la professionalità dei docenti universitari che hanno abilitato gli insegnanti;
2) la professionalità dei tutor scolastici che hanno seguito gli abilitandi nelle attività di tirocinio diretto nelle scuole, certificandone l'avvenuta formazione sul campo, cioè la professionalità degli stessi colleghi di lavoro dei membri delle commissioni. Se poi gli stessi membri delle commissioni avessero ricoperto in precedenza anche il ruolo di tutor, valutando diversamente i concorrenti (cioè quelli che fino al giorno prima ospitavano a scuola per il tirocinio diretto) si contraddirebbero da soli (della serie “caro concorrente, prima per me eri idoneo, mi stavi anche simpatico perché mi alleggerivi il lavoro a scuola, ma mi dispiace, adesso devo dirti non vali niente”);
3) la professionalità dello stesso MIUR che ha affidato alle figure di cui sopra la formazione dei corsisti.
Da tutto quanto sopra esposto, deriva la sillogistica conseguenza per la quale appare evidente la palese e assoluta irragionevolezza di far svolgere il concorso agli abilitati.
Inoltre, sulla richiesta di titolo B2 per la lingua straniera:
Come si potrebbe chiedere di esaminare i candidati su un requisito ritenuto inizialmente dallo stesso Miur non indispensabile per la formazione di un “buon docente”? E soprattutto, come pretendere che chi non ha mai studiato lingua straniera (sic! non è mai stato richiesto tra i titoli di accesso, ora tanti docenti dovrebbero raggiungere tale preparazione in 1 – un solo – mese) di raggiungere tale livello B2 in un mese? È forse per determinare uno stato di inadeguatezza psicologica che leda fin dal principio la dignità degli insegnanti di questo Stato, soprattutto dei più anziani, al fine di facilitare il processo di “svecchiamento-licenziamento” in atto? Non vogliamo pensare possa essere così, ma la tentazione sorge spontanea…
Se infatti il MIUR, con l'istituzione dei corsi abilitanti all'insegnamento, ha stabilito di fornire a tutti i docenti meritevoli (dopo una durissima selezione) un “pacchetto” dal “modico” costo di 2.500,00 – 3.000,00 € che li avrebbe formati per essere “buoni insegnanti” e in tale pacchetto non ha ritenuto necessario inserire corsi di lingue (evidentemente perché fino a ieri – gli ultimi abilitati hanno conseguito il titolo solo qualche mese fa – riteneva non fosse indispensabile), perché adesso propina l’idea che gli insegnanti debbano sostenere un esame in lingua di livello B2? Perché tutti gli esaminati dovranno ora dimostrare una conoscenza a livello B2 della lingua straniera, mentre per nessuno dei loro esaminatori (tranne per uno solo, l’esperto di lingua) è richiesta tale certificazione?
Non si può accettare di venire esaminati da una commissione che non abbia competenze almeno pari o superiori a quelle che si chiedono di dimostrare! È un controsenso assoluto!
È dunque chiaro che ci troviamo di fronte ad una situazione a dir poco ambigua. Forse quei 2.500,00 – 3.000,00 € erano troppo pochi per inserirci dentro anche dei corsi di lingua? O forse, l'esame in lingua servirebbe proprio per riuscire ad attuare quelle sforbiciate di cui sopra, ben nascoste nell’ipocrisia di palazzo…
A questo punto non resterebbe semplicemente che pensare ad un atteggiamento ingannevole da parte del Governo e del MIUR nei confronti dei cittadini italiani: prima vengono illusi facendoli partecipare a delle selezioni durissime e a dei corsi estremamente impegnativi (in termini di tempo e risorse intellettive richieste) ed estremamente costosi – addirittura aumentando anche i posti messi inizialmente a disposizione – e poi cerca di scaricarli attraverso il concorso (strumento privilegiato per slogan significativi in prossimità di clima elettorale), avendo constatato di aver sbagliato i conti. Si sottolinea, in tal senso, che per alcune classi di concorso sono addirittura “magicamente spariti” i posti per cui gli stessi docenti erano stati formati sulla base di una “reale” necessità di copertura, frutto di una ricognizione fatta dallo stesso MIUR prima dell'attivazione dei corsi stessi. Considerando, in aggiunta, che per il concorsone i posti messi a bando sono stati censiti prima della mobilità straordinaria prevista per l’anno 2016-2017 e che le graduatorie di merito avranno durata triennale, la tragicomica situazione è così lapalissiana che qualsiasi ulteriore tentativo di darne giustificazione rappresenta una chiara e ulteriore offesa diretta all’intelligenza di noi docenti (visti soprattutto “i pasticci” delle fasi B e C, a cui lo stesso Renzi ha fatto riferimento).
Infine, concentrando l’attenzione semplicemente sul concorso, è il caso sottolineare come sia profondamente diverso rispetto ai precedenti, essendosi trasformato da opportunità e scelta (possibilità di scalare le graduatorie per gli abilitati e prima opportunità lavorativa per i neolaureati) a occasione-ghigliottina: difatti, si ricorda che per la natura stessa di come viene concepito (essendo indirizzato a personale operante nella scuola, in alcuni casi anche da decenni ed escludendo – solo in forma e non in sostanza grazie ai vari ricorsi legali – la partecipazione dei neolaureati) potrebbe essere paragonato ad un concorso di stabilizzazione interna. In tal senso, dunque, lo slogan di Governo che si basa sulla percentuale di assunti pari a1/3 (ndr. sarebbe una buona percentuale se fosse qualsiasi tipo di concorso non diretto a personale “interno”), è un buon modo applicativo dell’ipocrisia di palazzo per nascondere agli Italiani che si stia attuando il licenziamento di 2 docenti già lavoratori precari su 3 (in stretta relazione con il limite di 36 mesi di reiterazione del contratto su posti vacanti sancito dalla Legge 107/2015).
In conclusione…
Ma stiamo scherzando? È solo un incubo da cui speriamo di svegliarci al più presto, oppure hanno deliberatamente usato i docenti per fare cassa? O forse, “come al solito” stiamo interpretando male…
Sicuramente qualcuno dirà anche che è “interpretare male” il fatto che con la “Buona scuola” siano già stati assunti docenti presenti nelle graduatorie di merito del concorso a cui erano risultati idonei: il concorso non era abilitante, quindi non erano né vincitori di concorso né dotati di abilitazione (in barba a chi, attraverso slogan, propagandava l’assunzione solo per i vincitori). Per non parlare di chi si trovava parcheggiato in graduatorie da decenni, senza aver mai fatto lezione, e che ha abbandonato altri posti di lavoro per essere assunto nella scuola: attenzione, stiamo parlando di pochi mesi fa, non di secoli, e di questo stesso Governo, che ha “ritenuto bene” non applicare altri criteri ben più equi per i docenti abilitati dallo Stato e con percorsi pluriennali di insegnamento.
In poche parole, sono stati assunti docenti che non hanno mai insegnato e di cui sono state valutate solo conoscenze e non abilità e competenze (ampiamente valutate durante la fase di tirocinio per gli abilitati), oppure docenti che hanno insegnato per anni una disciplina ma, al motto di “svuotiamo le graduatorie”, sono stati assunti su altra disciplina, sulla quale magari non avevano mai lavorato (come se le graduatorie, e non il precariato, fossero il male endemico di questo Paese…).
Una cosa è certa: sicuramente non si trattava dei più meritevoli essendo in fondo alle graduatorie.
La “meritocrazia”, purtroppo, è dunque solo uno slogan gettato al vento.
In tal senso è molto utile citare l’ultimo paradosso che contraddistingue questa farsa: i docenti con 36 mesi di servizio su posto vacante non potranno più insegnare su supplenze annuali. Questo principio “altamente premiante il merito e l’esperienza”, si attua capovolgendo la ratio con cui la Corte di Giustizia Europea il 26/11/2014 intimava all’Italia l’assunzione di tutto il personale che avesse avuto contratti a termine per oltre 36 mesi. Il motivo che ha spinto la Corte di Giustizia Europea a fare ciò è lampante, ed è la tutela del lavoratore: se un lavoratore è assunto a tempo determinato per tre anni su posto vacante, vuol dire che è necessario, quindi va assunto a tempo indeterminato. Il MIUR cosa si inventa? Pur di non assumere, decide di non fare maturare il giorno in più che avrebbe – di diritto – permesso all’insegnante di essere assunto o di rivolgersi alla Giustizia europea a propria tutela; così facendo, quindi, gli nega la possibilità di continuare a fare ciò che per 36 mesi aveva fatto: insegnare, magari perché primo nelle graduatorie (quindi con più titoli e per merito). Non si fa più insegnare e “avanti il prossimo”, ma solo fino ai 36 mesi successivi!
Sfidiamo chiunque abbia un minimo di buon senso (sperando che tra questi ci siano anche i docenti che “avrebbero intenzione di far parte delle commissioni esaminatrici”) a dimostrare il contrario, confutando con argomentazioni serie e convincenti quanto appena espresso.
Rimandiamo, chiunque volesse approfondimenti sulla questione, al sito change.org dove, in sole due settimane, circa 24000 docenti hanno alzato la testa contro chi calpesta la propria dignità, firmando la petizione “Stop al concorso truffa! Gli Italiani devono sapere!”: firmate anche voi per difendere il Futuro della Scuola, quella buona, quella vera!
C’è prima di tutto il diritto-dovere che ciascuno di noi deve perseguire: come uomini e donne impegnati nell’educazione e nella formazione di questo Paese, abbiamo il diritto-dovere di difendere la dignità di questa professione/vocazione che è l’essere insegnanti!
Questa dignità è stata troppo calpestata per permetterci ancora il lusso di continuare ad avere visioni “nasometriche” che non vadano oltre il selciato del nostro orticello!
È giunto il momento di fare capire cosa significa essere uomini e donne di Cultura! Abbiamo da sempre insegnato nelle condizioni più eterogenee e ai limiti dell’accettabilità solo per un motivo: passione per il futuro che generiamo a partire dallo sguardo dei nostri discenti!
Stanno cercando di uccidere questo Futuro: passione significa Amore, ma significa anche sofferenza!
E “soffrire”, significa “offrire-sé” a qualcosa in cui credi, nella gratuità che ogni atto di Amore impone!
Noi crediamo nella “Buona Scuola” che non è una legge: è una Comunità fatta di volti, di storie, di passione e sofferenza che va ascoltata e rispettata “semplicemente” perché ha dedicato la Vita a generare il Futuro! Nella autoreferenziata “buona scuola” che è una legge, nessuno ci sta dando ascolto!…
Non crediamo in uno slogan di qualsiasi governo: di destra o di sinistra che sia, non ci importa lo schieramento, ma ci importano gli Uomini! E questi non sono uomini se ci etichettano come “contenti” perché il “concorsone finalmente arriva”! Sono politicanti, che ancora non hanno capito cosa possa significare scontrarsi contro la “Cultura” di un Paese, quella fatta da Uomini onesti, Uomini di Cultura i cui occhi sognano indipendentemente da vitalizi, da indennità e da meschini interessi autoreferenziati! Uomini e Donne che non vogliono essere inseriti in uno slogan perché vivono di Verità!
Non arrendiamoci contro questo oltraggio alla nostra dignità! Segniamo il corso del Futuro in profondità; siamo “In-Segnanti”!
Uno dei tanti docenti abilitati, promotore e firmatario della petizione per dire NO al concorso truffa
“Stop al concorso truffa! Gli Italiani devono sapere!”
Prof. Ing. Alfredo Pudano