OS.it interroga i sindacati: no ad atto di forza del Governo su rinnovo contratto e scatti anzianità. No a valutazione e carriera senza risorse

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di Eleonora Fortunato – Priorità: rinnovo del contratto, sia nella parte economica che normativa, e sblocco degli scatti di anzianità con valore retroattivo. In vista della riunione unitaria del 28 ottobre, dicono no a ridefinizione obblighi, orari, retribuzioni dei docenti senza risorse finanziarie aggiuntive.

di Eleonora Fortunato – Priorità: rinnovo del contratto, sia nella parte economica che normativa, e sblocco degli scatti di anzianità con valore retroattivo. In vista della riunione unitaria del 28 ottobre, dicono no a ridefinizione obblighi, orari, retribuzioni dei docenti senza risorse finanziarie aggiuntive.

Vengono dopo gli altri punti che riscaldano questo autunno 2013 in materia di istruzione: la valutazione e la carriera dei docenti, il ruolo dell’Invalsi, o l’ipotetico aumento dell’orario di servizio, naufragato – come sperano i più – insieme al governo Monti che l’aveva proposto.

Parte economica
Continua a serpeggiare in tutte le sedi sindacali il timore che il Governo detti regole in materia contrattuale per via legislativa, limitando al minimo il confronto con i lavoratori e mascherando una politica di tagli con alchimie nebulose che, per esempio, sostituiscono la parola ‘merito’ alla parola ‘anzianità’.

“Di fronte a un atto unilaterale del Governo la reazione dei sindacati – afferma Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil – può essere solo una: sciopero”. Più distesi sono i toni di Massimo Di Menna, segretario Uil Scuola, a proposito della battaglia sugli scatti: “Se non sarà possibile assicurarne il pagamento già nel 2014, siamo disponibili a un ragionamento che coinvolga l’intero il triennio 2014-15-16”.

Anche Marco Paolo Nigi, responsabile Snals-Confsal, è preoccupato per le ingerenze ‘aziendaliste’ del Governo, un Governo che – a suo dire – avrebbe tradito le aspettative del ministro dell’Istruzione quali si erano manifestate in un incontro informale a inizio settembre.

Orario di servizio
E se si parla di incontri informali, non può non venirci spontaneo fare qualche domanda sul presunto incontro-accordo sottobanco tra sindacati e sottosegretari che il Manifesto dava per certo in agosto e il cui oggetto doveva essere l’aumento delle ore di servizio. Sono tutti abbottonatissimi su questo punto, solo Anief, col suo presidente Pacifico, si schiera a favore delle voci di corridoio e rincara la dose: “Sono venti anni che i sindacati fanno accordi sottobanco col ministero, se così non fosse non esisterebbe Anief”. “Il nostro mestiere è fare accordi” – risponde Francesco Scrima, responsabile della Cisl Scuola, che d’altra parte, però, smentisce seccamente che possano esserci stati abboccamenti estivi.

Ma è a proposito del prolungamento dell’orario scolastico come antidoto alla dispersione (art. 7 decreto-legge del 12 settembre 2013) che subito si è sentita puzza di aumento dell’orario di servizio: “È dagli anni ’70, con i decreti delegati, che si parla di scuole aperte – insiste Scrima – ma bisogna trovare le risorse economiche se non si vuole sminuire il ruolo del docente a quello di baby-sitter”.

“Le 18 ore frontali di insegnamento sono un punto irrinunciabile, a meno che l’aumento non sia indissolubilmente legato a retribuzioni aggiuntive, come già avviene – ricorda Di Menna, Uil Scuola – per gli oltre 100.000 docenti che già completano le loro 18 ore settimanali con spezzoni aggiuntivi”.

Tutti i sindacalisti sono concordi nel ricordare a chi legifera che a 18 ore di servizio a scuola corrispondono molte, ma molte più ore di lavoro per la preparazione delle lezioni e delle verifiche, per la correzione dei compiti, per l’aggiornamento didattico, e che questo dato è grosso modo in linea con la media europea (lontana, invece, se si parla di salari, come fa sapere ogni anno la rete Eurydice).

Il problema è sempre lo stesso, da qualsiasi angolazione lo si guardi: trovare i soldi per introdurre un sistema meritocratico nella scuola e mettersi d’accordo, preliminarmente, su come questo merito debba essere misurato e premiato.

Valutazione e carriera dei docenti
Se su rinnovo del contratto e sblocco degli scatti il percorso dei sindacati sarà unitario, come assicura  Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, è di fatti sulla valutazione del lavoro del docente e sul suo legame con la ‘carriera’ e con lo stipendio che le posizioni iniziano a colorarsi di sfumature diverse. Temi incandescenti che rimbalzano sull’agenda di ogni legislatura e che, grazie al Decreto Brunetta del 2011, si sono sollevati dal limbo delle congetture per impantanarsi nella ‘misura delle performance’ dei lavoratori del pubblico impiego.

È fantasiosa per tutti l’idea di un sistema premiale senza incentivi economici. Ma soprattutto, con quali modalità accertare il livello delle prestazioni di un insegnante? In base a che cosa giudicare chi merita di più e chi di meno? Per Pacifico, Anief, dovrebbero stabilirlo gli stessi docenti, per esempio attraverso un referendum che aiutasse a identificare gli aspetti che davvero possono essere messi sotto la lente di ingrandimento di una commissione e prestarsi alla quantificazione. Deciso il no di Mimmo Panataleo, Flc Cgil, a un’ipotesi del genere: “Un referendum sarebbe inutile. Se il punto è misurare la bravura di un docente rispetto a un collega e magari andare a collegare il suo salario a questo aspetto, la Cgil non ci sta. Tanto più che la trasmissione dei saperi incide nella professione al pari degli aspetti relazionali, difficilmente valutabili”.

“L’unico modo per dare alla parola ‘carriera’ il senso che ha nelle altre professioni è lo stanziamento di risorse per l’aumento di un terzo dei salari di tutti i dipendenti del comparto scuola e per la creazione di figure quadro che facessero da cerniera tra docenti e dirigenti” conclude Pacifico, in convergenza con i ‘docenti seniores’ di cui ci ha parlato anche Giorgio Rembado, presidente dell’Anp, Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola.

Invalsi
E se si parla di valutazione del lavoro degli insegnanti, all’orizzonte rimane sempre ben nitido il grande scoglio Invalsi, l’istituto nazionale per la valutazione del sistema scuola, in cui presto si andrà a incagliare il tempo libero dei docenti italiani: forse la semplificazione in questi giorni è stata eccessiva, ma stando a quello che si legge nell’ultimo decreto scuola (art. 16), saranno in qualche modo penalizzati quei docenti i cui allievi non otterranno risultati buoni nei test (a Frascati, sede dell’Invalsi, staranno studiando in queste ore sistemi sempre più sofisticati per limitare il cheating, cioè gli ‘aiutini’ che i prof danno agli alunni durante lo svolgimento delle famigerate prove).

Su questo punto Scrima, Cisl Scuola, è stato chiaro: “La Cisl è favorevole a una cultura della valutazione, ma si deve tener conto delle disomogeneità del territorio, valutare un docente dai risultati dei suoi studenti è un’ipotesi sbagliata, bisogna considerare la motivazione, l’ambiente e il background da cui i ragazzi provengono”.  “Ne parleremo e troveremo una strada anche su questo – ha detto il coordinatore della Gilda Rino Di Meglio, che però non vuol sentir parlare di Invalsi, uno strumento a suo dire inutile per come è strutturato adesso. “Nei Paesi in cui c’è la valutazione c’è anche una forte funzione ispettiva, bisognerebbe ripartire da quella, a patto che riguardi non solo gli insegnanti. È un tema che va affrontato in chiave scientifica e non politica”.

Un cappello scientifico che l’Invalsi quindi, secondo Di Meglio, oggi non ha affatto. Più tenero è Di Menna, Uil Scuola, secondo cui l’operato dell’Invalsi potrebbe dare indicatori interessanti “se lo si utilizzasse per fotografare il processo che una scuola mette in atto per formare i suoi alunni, per esempio mettendo a confronto i risultati che i ragazzi ottengono all’inizio di un ciclo con quelli della fine”. Scuola intesa come prestazione collettiva, dunque, non del singolo docente.

Una sintesi su cui, come è prevedibile, non sono d’accordo i dirigenti riuniti nell’Anp che, sempre per bocca di Rembado, si dicono favorevoli alla valutazione del lavoro docente da parte di commissioni composte da dirigenti scolastici, docenti ‘seniores’ e genitori: “L’opinione pubblica, in primo luogo i genitori, fa fatica ad accettare l’idea che all’interno di uno stesso istituto possano esserci lavoratori che impartiscono un insegnamento di livello A ed altri di livello B. A rimetterci è il principio stesso di equità, garantito dalla Costituzione”.

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