Malpezzi: scuola-lavoro Bolzano esempio. Su reclutamento e tempo scuola insegnanti e precari nulla da temere. Concorsi biennali anche per i non abilitati?

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di Eleonora Fortunato – L’Onorevole Simona Malpezzi, responsabile nazionale scuola del PD, ha accettato di buon grado l’idea di questa conversazione, anche se per prima cosa, a proposito della sua intervista con Gilda Tv segnalata anche sul nostro portale, mi ha confidato lo stupore per il titolo elaborato dalla redazione di OS,  incoerente con le sue parole rilasciate durante l’intervista.

di Eleonora Fortunato – L’Onorevole Simona Malpezzi, responsabile nazionale scuola del PD, ha accettato di buon grado l’idea di questa conversazione, anche se per prima cosa, a proposito della sua intervista con Gilda Tv segnalata anche sul nostro portale, mi ha confidato lo stupore per il titolo elaborato dalla redazione di OS,  incoerente con le sue parole rilasciate durante l’intervista.

Titolo “che ha solo creato inutili allarmismi. Ma noi non vogliamo chiuderci nel palazzo e far calare dall’altro le nostre decisioni. Preferiamo che tutti, per primi proprio i docenti, siano al corrente di come evolvono le ipotesi di riforma della scuola, in modo che possano arrivarci consigli, proposte, critiche. E’ questo il metodo di lavoro della nostra squadra”. Così abbiamo cominciato a parlare e piano piano i nodi sono venuti al pettine.

Onorevole Malpezzi, ci è capitato spesso di sentirla vantare il modello tedesco di raccordo tra scuola e mondo del lavoro. Il recente decreto interministeriale sulla formazione in azienda degli allievi degli ultimi anni delle superiori le sembra che gli si avvicini?

“Conosco bene il modello tedesco perché ho vissuto in Germania molti anni e ho potuto rendermi conto in prima persona di quali sono i punti forti del loro sistema duale, che oggi gli fa vantare solo il 7,9 per cento di disoccupazione giovanile. Il nostro obiettivo però adesso non è quello di concentrarci su ciò che sta fuori per provare a importarlo, ma individuare e estendere i modelli vincenti che nel nostro Paese già ci sono. Mi riferisco in particolare a quello che si è fatto nella provincia autonoma di Bolzano, dove la disoccupazione giovanile è al 12 per cento, un numero ben distante dalla media nazionale, intorno al 43 per cento, e anche dalla media regionale che è al 20 per cento”.

Come funziona l’alternanza scuola-lavoro a Bolzano?

“Direi innanzitutto che bisognerebbe chiamarla non ‘alternanza’ ma ‘concomitanza’ scuola-lavoro: il punto forte è nel fatto che per il 75% del loro tempo trascorso in azienda i ragazzi sono affiancati da un formatore che segue tutti i momenti della loro attività. Si tratta di un cospicuo e lungimirante investimento dell’azienda, che ha tutto l’interesse a formare dei giovani che potrebbero poi un domani fare parte del proprio staff”.

Il nuovo provvedimento sull’alternanza valorizza fortemente anch’essa la presenza dei tutor aziendali, ma noi abbiamo segnalato il pericolo che, non essendo riconosciuti incentivi economici alle aziende partner, tutto si trasformi poi in una gigantesca azione di volontariato o peggio in un sistema per assicurare un po’ di manodopera a costo zero.

“Nemmeno a Bolzano le aziende ricevono finanziamenti per accogliere i ragazzi, lo fanno perché hanno capito che conviene per primi a loro instaurare un contatto precoce con i potenziali lavoratori di domani. Tuttavia il vero problema del raccordo scuola e mondo del lavoro va cercato altrove: purtroppo in Italia abbiamo molte aziende in cui mancano figure professionali veramente formate e quindi idonee al delicato compito dell’affiancamento dei più giovani. Anche nel resto d’Italia, però, non mancano esempi di realtà che hanno deciso di scommettere sulla formazione dopo essersi accorte che alcune professionalità rischiano di disperdersi. Le faccio l’esempio di Federlegno che ha di recente finanziato una cattedra del Politecnico di Milano per la formazione di ingegneri del legno.

Certo, assistiamo poi al paradosso di vedere cospicui finanziamenti europei tornare indietro inutilizzati oppure essere mal spesi, visto che magari poi a fronte di investimenti per migliaia e migliaia di euro siamo poi capaci soltanto di creare poche centinaia di posti di lavoro, come Repubblica denunciava la settimana scorsa”.

Ha detto comunque che ci sono aree in cui le cose vanno meglio e che proverete a ripartire da quelle. Oltre a Bolzano quali altri esempi conosce? Come si può intervenire a livello centrale per mettere a sistema le esperienze positive?

“La prima cosa che va fatta è spingere le Regioni a considerare prioritario l’investimento sulla formazione e a incoraggiare le sperimentazione, aiutando gli enti che lavorano bene e bloccando quelli che non lo fanno. So che molti IeFP (Istruzione e Formazione Professionale), per esempio, funzionano e vanno perciò sostenuti, ma poi ci sono aree come la Sicilia in cui abbiamo più formatori che formati! Un’altra strada potrebbe essere quella di dare propulsione all’apprendistato di terzo livello nelle università, una strada poco esplorata nel nostro Paese ma che potrebbe dare frutti interessanti, e lavorare al reinserimento degli adulti, prendendo esempio ancora dalla Germania,dove gli enti di formazione sono in grado di rimettere in carreggiata persone che perdono il lavoro a cinquant’anni! Tornando a noi, le cito però ancora gli esempi positivi della Puglia, del Lazio, del Piemonte, o di enti come Piazza dei Mestieri o Enaip. Ci si sarebbe aspettato qualcosa in più forse dalla Toscana”.

Ci sono in agenda iniziative per provare ad accelerare questa diffusione di buon pratiche?

“Non escludiamo che tra settembre e ottobre possa esserci un grande evento per le Regioni che hanno voglia di fare e di combattere la disoccupazione giovanile imparando dalle realtà più dinamiche e innovative, ma ne stiamo ancora discutendo”.

Abbiamo parlato di raccordo tra scuola e lavoro e di mancanza di figure professionali formate nelle aziende. Il salto ai temi caldi di questi giorni è breve… parliamo un po’ della formazione degli insegnanti. Il 3+2 entrerà presto a regime? Che cosa ne sarà di Tfa ePas?

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“Tengo a ribadire che non c’è nulla di ufficiale su questo e che non si può pensare che uno specchietto di Repubblica illustri le linee programmatiche di una riforma che non è ancora stata scritta! Il provvedimento che ci apprestiamo a licenziare entro fine luglio non metterà mano alle graduatorie, ma servirà a sanare le emergenze. Abbiamo bisogno di un atto di fiducia da parte degli insegnanti, non delle loro paure”.

D’altra parte Repubblica riportava l’intervista a un Sottosegretario, era legittimo pensare che le sue ipotesi avessero un fondamento.

“Il Sottosegretario Roberto Reggi parlava in quell’intervista a titolo personale perché il nostro è un cantiere, stiamo stimolando proposte e riflessioni da parte di tutti, degli insegnanti per primi, e quindi vorremmo sentirci anche liberi di far vedere all’esterno come evolvono i nostri disegni. E’ il nostro metodo di lavoro: non vogliamo chiuderci nel palazzo, ma sollecitare un dibattito, sentire le proposte che vengono dal basso e discuterne insieme. Per questo ci aspettiamo che anche la stampa sia onesta e non strumentalizzi questo delicato modo di procedere”.

I lavoratori della scuola, in particolare i precari, pensano di avere diritto anche a delle certezze per poter serenamente programmare il loro futuro. E anche i giovani studenti universitari o i neolaureati che hanno l’obiettivo di insegnare vorrebbero sapere come indirizzare i loro sforzi…

“Io le dico che sicuramente è necessario mettere mano al reclutamento, che la laurea abilitante sarà una laurea di un certo livello culturale che quindi si potrà spendere anche in attività diverse dall’insegnamento. Vogliamo istituire concorsi regolari a cadenza biennale, che potrebbero essere aperti anche ai non abilitati, e abbiamo intenzione di svuotare in maniera celere le graduatorie a esaurimento, che nei prossimi mesi riceveranno ossigeno dal consistente numero di pensionamenti. I primi che vorremmo andassero in porto sono quelli di Quota 96: le sto parlando, quindi, già di 4000 nuove assunzioni in più per il prossimo anno”.

Ciò che crea più apprensione in questo momento è però l’idea di abolire le graduatorie di istituto…

“Le ripeto: al momento non c’è questo rischio, stiamo solo raccogliendo proposte. Certo è che quando i docenti avevano 16 ore di lezione e due ore a disposizione per le supplenze brevi le cose andavano molto meglio, ma nessuno sembra ricordarlo”.

Mi perdoni se torno al punto di partenza: che ne sarà di Tfa e Pas?

“Tanto il Tfa quanto il Pas sono per noi percorsi transitori di grande dignità, ma non potranno sopravvivere al nuovo sistema di reclutamento”.

E’ stato opportuno bandire un nuovo ciclo di Tfa quando non è affatto sicuro che gli abilitati della prima tornata potranno spendere il loro titolo?

“Il II ciclo Tfa ha senso in una fase che non ha senso. Dovevamo in qualche modo dare una risposta ai neolaureati che oggi non hanno un’altra via per abilitarsi e per partecipare ai concorsi. Non è il nostro modello ideale, certo, ma al momento è l’unico a disposizione”.

Se si elimina il Tfa, i già laureati magari con anni di servizio alle spalle al momento del debutto del 3+2 dovranno frequentare il biennio specialistico abilitante?

“Ci potranno essere dei percorsi ad hoc per i non abilitati, in una fase transitoria naturalmente. Ma per fortuna abbiamo il tempo per mettere a punto una riforma che cerchi di dare risposte eque a tutti. La nostra Proposta di Legge avrà un percorso lungo proprio perché vogliamo ascoltare i suggerimenti che arrivano dal mondo della scuola, e si terrà certo conto di coloro che si sono trovati nella fase del passaggio da un sistema all’altro”.

Per concludere, una domanda sul contratto: è d’accordo con i sindacati quando dicono che bisogna portare TUTTI i docenti a livelli di retribuzione più competitivi? Pensa che un aumento di stipendio e basta, senza toccare orario e giorni di ferie, non sarebbe accettato e compreso dall’opinione pubblica italiana? E’ per questo che ci si è un po’ intrappolati nella storia delle 36 ore?

“Non abbiamo mai affrontato l’argomento in questi termini. E’ senz’altro necessario lavorare al rinnovo di un contratto bloccato da sette anni, ma contemporaneamente vogliamo trovare la strada per valorizzare chi lavora di più e meglio. Le risorse del Mof e del Fis non sono più sufficienti, chi lavora nella scuola sa che oggi le funzioni strumentali sono sottopagate. Ma è una possibilità che vorremmo dare a tutti: tutti potranno candidarsi a ricoprire degli incarichi. L’idea di modificare il tempo-scuola nasce dal desiderio di contrastare la povertà educativa e puntiamo anche all’autoformazione degli insegnanti per stimolarli ad accrescere la loro dignità professionale. Queste sono le cose che ha detto Reggi”.

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