La Geografia: cronaca di un declino immeritato

Di Lalla
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Giulia Boffa – Lo studio della Geografia nella scuola italiana non ha mai avuto il posto adeguato che merita,soprattutto nelle secondarie di II grado e la miriade di sperimentazioni, susseguitesi nel tempo, ne ha ridotto ancor più la sua presenza negli ordinamenti scolastici.

Giulia Boffa – Lo studio della Geografia nella scuola italiana non ha mai avuto il posto adeguato che merita,soprattutto nelle secondarie di II grado e la miriade di sperimentazioni, susseguitesi nel tempo, ne ha ridotto ancor più la sua presenza negli ordinamenti scolastici.

Nell’attuale Riforma targata Gelmini si ha un ulteriore taglio di questo insegnamento, infatti il quadro di sintesi si configura così: assenza in tutti gli Istituti Professionali e in quasi tutti quelli Tecnici, ridimensionamento nel biennio dei Licei (nel triennio era e rimane assente).

Nella maggior parte degli indirizzi per i Tecnici la geografia è del tutto mancante; in alcuni, poi, la sua eliminazione è incomprensibile: è il caso di "Logistica e Trasporti", quando nel precedente Nautico rivestiva un ruolo significativo, indispensabile nella formazione di specifiche professionalità. Anche in indirizzi impostati sull’ambiente e il territorio (come "Agricoltura e sviluppo rurale" e "Costruzioni, ambiente e territorio") manca la geografia, che questi concetti analizza e approfondisce. Quando, poi, è presente, subisce (ad eccezione dell’indirizzo turistico) un ridimensionamento pesante: vedi "Amministrazione, Finanze e Marketing", dove è attivata solo nel primo biennio. È un arretramento grave, cui si dovrebbe porre rimedio prevedendo un triennio di approfondimento legato in particolare alla geografia economica.

Nel biennio dei Licei la geografia è associata alla storia (insieme tre ore settimanali); il ridimensionamento è pesante, perché incide su una disciplina già ridotta ai minimi termini (due ore, e soltanto nel biennio). Su questo abbinamento, inoltre, si osserva come l’aggregazione di discipline al momento sia un’operazione iniziale, riguardante poche materie. Su storia e geografia insieme sarebbe auspicabile un approfondimento serio; tuttavia, il suo avvio, proprio nel biennio dei Licei, quando il curricolo di storia affronta il mondo antico, non pare promettente. E poi, se ritenuto valido, perché non procedere nello stesso modo nel biennio di tutti gli Istituti Professionali e in quegli Istituti Tecnici (quasi tutti) dove la geografia è assente? Non ci sarebbero stati insormontabili problemi di orario e si sarebbe evitato di abolire le competenze geografiche dalla maggior parte delle scuole superiori.

L’assenza della geografia, infatti, comporta una serie di negatività così riassumibili. Lo studio dell’Italia, dalla Riforma Moratti (primo ciclo di istruzione) è limitato agli anni della primaria; lo studente, così, privato della geografia nelle superiori, uscirà dalla scuola con vaghi ricordi del nostro Paese (della propria identità regionale e nazionale).
e sprovvisti di saperi irrinunciabili per affrontare le sfide del mondo contemporaneo.

Perché invece è così importante la Geografia e perché è così sottovalutata? La spiegazione, purtroppo, sta nella vicenda recente delle riforme scolastiche: secondo un orientamento emerso nel Ministero della Pubblica Istruzione una quindicina di anni or sono, le scienze della Terra, la sociologia e l’economia ne coprono ormai tutti i contenuti.

Orientamento per nulla condivisibile, già allora fortemente contrastato dalle istituzioni culturali (il Touring Club Italiano vi dedicò un Libro bianco) e dall’opinione pubblica, e che tuttavia sembra continuare inesorabilmente a incidere sulle scelte di governi e ministri, pur di aree politiche totalmente diverse.

In realtà discipline come Scienze della Terra ed Economia, per citarne qualcuna, sono discipline ormai iperspecializzate, che non sempre inglobano quelle che sono le caratteristiche salienti della Geografia, che non è solo "enciclopedismo" nozionistico. La geografia studia i processi attivati dalle collettività umane nelle loro relazioni con la natura, e come questi abbiano trasformato l’ambiente e costruito il territorio.

Ne consegue una grande attenzione al presente, che la geografia studia nelle varie articolazioni spaziali (dalla locale alla planetaria) e sotto molti aspetti: demografici, socio-culturali ed economici.
Lo spazio dell’uomo, però, non è statico, e quindi gli studi geografici non prescindono dalla dimensione temporale, declinata al passato, al presente e al futuro.
Infatti, occorre considerare gli esiti futuri di ciascuna azione intrapresa oggi sul territorio. Dall’attenzione prestata al tempo, si evincono molte delle opportunità per interpretare i fatti, come quelli che proprio nel territorio hanno lasciato significativa – e ancora attiva – testimonianza.

Traducendo didatticamente queste riflessioni generali, si può affermare che: "Fare geografia a scuola vuol dire formare cittadini italiani e del mondo consapevoli, autonomi, responsabili e critici, che sappiano convivere con il loro ambiente e sappiano modificarlo in modo creativo e sostenibile, guardando al futuro" (Indicazioni per il curricolo del I Ciclo di Istruzione, 2007). Questa enunciazione, che nel testo ministeriale chiude la presentazione della geografia, è valida anche per la scuola secondaria di 2° grado, poiché esprime compiutamente il potenziale didattico e formativo di questa disciplina in tutto il percorso di studi.

La geografia , quindi , studia l’ambiente costantemente in evoluzione e lo studio del paesaggio significa anche la prevenzione dei nostri dissesti idrogeologici e delle conseguenti calamità "naturali", la sua conoscenza può aiutare a prevenire errori di localizzazione e di infrastrutturazione, la congestione urbana e l’abbandono di molte aree considerate marginali. Ad esempio si possono evitare gli insediamenti residenziali e produttivi presso gli alvei naturali dei fiumi che i geografi possono stabilire essere o meno a rischio inondazione, con conseguenti gravi danni, anche economici.
Alcune amministrazioni cominciano a capire l’importanza dei geografi e finalmente affidano loro il ruolo di coordinamento della pianificazione territoriale, specie di area vasta.

Un altro punto di forza della Geografia è la sua semplicità di lessico, che la rende particolarmente adatta allo studio comune e diffuso quale quello scolastico: per un geografo, mare è mare, monte è monte, non ci sono fraintendimenti.

Quindi ci si chiede: perché far lentamente morire questa conoscenza di base, tutt’altro che nozionistica, in un’era globale in cui troppi – e troppi Italiani – affrontano il mondo senza conoscerne ‘adeguatamente’ (per usare un eufemismo) le partizioni, le barriere, i luoghi e le popolazioni, con la loro storia territoriale ovvero con la loro geografia?

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