In Italia solo 6,6% adulti in formazione, 40% iscritto all’Università. Scuole luoghi di apprendimento collettivo aperte di pomeriggio e sabato

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red – Sono due milioni 199 mila gli adulti impegnati in attività formative: il 40 per cento è ancora coinvolto in un percorso scolastico/universitario, mentre meno del 4 per cento è impegnato in un corso professionale organizzato e/o riconosciuto dalla regione. Quali le soluzioni? Le suggerisce una commissione voluta dalla Carrozza.

red – Sono due milioni 199 mila gli adulti impegnati in attività formative: il 40 per cento è ancora coinvolto in un percorso scolastico/universitario, mentre meno del 4 per cento è impegnato in un corso professionale organizzato e/o riconosciuto dalla regione. Quali le soluzioni? Le suggerisce una commissione voluta dalla Carrozza.

Tra le debolezze evidenziate dal rapporto dell’UE che bocciava l’Italia sul piano della produttività. Tra le voci criticate c’era l’istruzione e tra i punti deboli i bassi tassi di competenze per gli adulti (25-64 anni).

Tra i suggerimenti più volte pronunciati dall’Unione Europea c’è il rafforzamento della formazione degli adulti, soprattutto in ambito lavorativo.

Il settore, come già dai dati inseriti nel nostro abstract, in Italia è molto debole, coinvolgendo solo il 6,6% del potenziale pubblico oggetto di formazione. Indietro anche la formazione professionale aziendale che coinvolge circa il 22 per cento degli adulti in formazione, mentre il 38 per cento circa è impegnato (anche o solo) in altri tipi di corsi (informatica, marketing, lingue straniere, ecc).

I dati sono forniti dall’Istat, che fa un paragone dei livelli di formazione tra i vari paesi europei.

Nel 2012 il valore medio dell’indicatore nell’Ue27 si attesta al 9,0 per cento (8,4 e 9,7 per cento rispettivamente per uomini e donne). L’intensità della partecipazione degli adulti ad attività formative è molto differente nell’area. Le migliori performance emergono nei paesi scandinavi (Danimarca, Svezia, Finlandia). Tra i principali paesi dell’Unione, il Regno Unito ha la maggiore quota di adulti in apprendimento (15,8 per cento). In Italia il valore dell’indicatore (6,6 per cento), pur essendo superiore a quello della Francia (5,7 per cento), è inferiore a quello della Spagna (10,7 per cento) e della Germania (7,9 per cento) e delinea il ritardo in materia di apprendimento permanente del nostro Paese. Le donne partecipano in misura maggiore degli uomini alle attività formative in quasi tutti i paesi Ue, Italia inclusa. Nell’Ue27 l’incidenza di formazione e apprendimento permanente aumenta al crescere del livello di istruzione. In Italia, tuttavia, il divario tra i possessori dei livelli medio-alti di istruzione e i meno istruiti è più evidente rispetto alla media europea, evidenziando la scarsa attenzione del nostro Paese all’utilizzo della formazione durante tutto l’arco della vita come elemento chiave nel contrasto all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. L’indicatore assume in Italia un valore pari a quello medio Ue (16,1 per cento) per chi è in possesso di titolo di studio universitario, un valore pari all’ 8,1 per cento (7,7 nella media Ue) per chi ha un titolo secondario superiore, scende all’1,6 per cento tra chi è in possesso di livello di istruzione secondario inferiore (3,9 nella media Ue).

Per quanto riguarda le differenze regionali, il valore più alto si osserva al Centro (7,6 per cento) e quello più basso nel Mezzogiorno (5,7 per cento). L’analisi regionale segnala la più diffusa partecipazione ad attività formative nelle province autonome di Trento e Bolzano (rispettivamente 10,1 e 9,2 per cento) e in Umbria (7,9 per cento); seguono Toscana (7,8 per cento), Sardegna (7,6 per cento), Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo (7,5 per cento), Emilia-Romagna, Marche e Lazio (tutte al 7,4). La Sicilia presenta il più basso valore dell’indicatore (4,8 per cento). Con la sola eccezione della provincia autonoma di Bolzano, del Molise e della Campania, in tutte le regioni si registra un divario positivo a favore delle donne, che raggiunge il valore più elevato in Abruzzo ed in Sardegna (circa 2,5 ed 1,9 punti rispettivamente).

Durante il Ministero Carrozza, una commissione di esperti, presieduta dal prof. Tullio De Mauro e nominata dal Ministro Carrozza e dal Ministro del Lavoro Giovannini, ha affrontato la problematica della formazione e delle competenze degli adulti, giungendo anche a formulare delle ipotesi di intervento per affrontare la problematica.

Vi proponiamo i punti suggeriti dalla commissione

  • valorizzare e sviluppare le università della terza età, le scuole popolari, i centri anziani etc. per il mantenimento delle competenze cognitive della popolazione adulta e soprattutto senior, per l’invecchiamento attivo e la prevenzione sanitaria. In Italia c’è ricchezza di organizzazioni/associazioni non-profit e a partecipazione pubblica che svolgono attività di apprendimento degli adulti e della popolazione senior. Manca un censimento, ma è riscontrabile una grande varietà di approcci e contenuti tematici, di cui alcuni molto innovativi in quanto coniugano pervasività nel territorio attraverso l’utilizzo di sedi quali le biblioteche comunali, le ASL, i centri anziani etc., una definizione partecipata con la popolazione dei contenuti dei corsi/attività, bassissimi costi e quindi accesso a chi ha problemi di reddito, percorsi cognitivi attivi che spesso includono attività motorie. Una buona disseminazione delle pratiche più innovative e di certificazione delle competenze acquisite può diventare uno strumento di valorizzazione e sviluppo del settore;
  • facilitare l’ingresso di tutti i cittadini (inclusi quelli di recente immigrazione) nelle reti di informazione, promuovendo la diffusione delle reti in tutte le famiglie e l’apprendimento all’uso con formazione tipo e-citizen con il supporto di giovani tutor;
  • fare delle sedi scolastiche luoghi dell’apprendimento culturale collettivo ("Fabbriche della Cultura" sul modello “olivettiano”) aperti anche il pomeriggio e il sabato per favorire nuove iniziative di learning by doing, accogliere corsi e seminari di aggiornamento, agevolare l’accesso alle biblioteche scolastiche, introducendo anche una piattaforma di networking delle scuole (DPR 275/99);
  • avviare progetti di diffusione della lettura, anche e soprattutto per gli adulti, nelle biblioteche scolastiche e comunali, permettendo l’acquisto di libri a prezzi vantaggiosi, promuovendo o finanziando iniziative culturali. Adoperarsi per modificare la normativa europea che attualmente parifica gli e-book a prodotti informatici e non a opere dell’ingegno (tassazione al 22%);
  • avviare eventi di educazione finanziaria e previdenziale, promossi dai ministeri competenti, INPS e ANCI, realizzati sia tramite un portale online sia attraverso i Centri provinciali d’istruzione degli adulti, le scuole, le biblioteche comunali, le sedi territoriali dell’INPS, le banche presenti nei territori;
  • costruire un portale online i cui contenuti siano residenti nei siti del lavoro (Cliclavoro) e dell’istruzione esistenti, all’interno del quale i senior in pensione possono inserire informazioni sulle loro competenze, caratteristiche e loro disponibilità per partecipare a seminari e laboratori allo scopo di rafforzare il programma didattico delle scuole o per partecipare ad attività di volontariato e di servizi di pubblica utilità;
  • dedicare un canale digitale o satellitare della TV pubblica, almeno in parte, ad azioni di educazione permanente destinate ad adulti, con precisi obiettivi formativi ma con forti contenuti pratici (ad es. alimentazione, hobbistica, etc.) per aumentarne l’attrattività e con forme di verifica dell’apprendimento che sfruttino l’interattività e abituino ad affrontare test sulle competenze;
  • sviluppare una campagna di comunicazione sulle competenze fondative e sulla lettura e sul loro ruolo fondamentale nella vita sociale e lavorativa;
  • sviluppare la digitalizzazione della pubblica amministrazione come stimolo all’uso da parte della generalità dei cittadini degli strumenti informatici di base, anche per l’effetto positivo che hanno sulle competenze di literacy e numeracy purché correttamente orientati con adeguata formazione.

Diversa, invece, la questione legata alla formazione da parte delle aziende. Si tratta di un settore che attiene alla sfera privata, ma sul quale il pubblico può intervenire per stimolare ad intraprendere azioni formative.

Ecco come, secondo la commissione:

  • promuovere modelli organizzativi e di gestione e promozione del personale della Pubblica Amministrazione che producano e utilizzino al meglio le competenze delle persone per incrementare efficienza e sviluppare innovazione;
  • promuovere accordi che permettano di integrare formazione aziendale e nuovi modelli organizzativi (sviluppo della contrattazione collettiva in materia, anche con previsione di modalità retributive legate alla performance di team di lavoro);
  • stimolare i Fondi Interprofessionali dei dirigenti e gli Enti delle professioni ordinistiche a sviluppare azioni formative e di accompagnamento dei dirigenti, degli artigiani e dei titolari degli studi professionali dirette alla gestione e sviluppo delle risorse umane e all’utilizzo delle competenze di dipendenti e associati per migliorare produttività e innovazione;
  • stimolare i Fondi interprofessionali nel settore dell’artigianato e le Associazioni di categoria a introdurre attività formative mirate ad artigiani e micro-imprenditori per l’acquisizione di competenze che permettano alle imprese di competere nel mercato dei prodotti e dei servizi;
  • favorire l’implementazione dell’apprendistato di alta formazione attraverso genuini progetti congiunti università/impresa;
  • costruire un programma che sostenga la performance delle imprese attraverso nuove pratiche manageriali e di utilizzo delle competenze degli occupati (es. “Investors in People” del Regno Unito);
  • dare impulso alle attitudini imprenditoriali delle università e al loro legame con le imprese (es. in USA e Malesia).

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