Le iniziative dei docenti per protestare contro l’aumento delle ore di insegnamento

Di Lalla
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red – Cosa fare per contrastare il DDL Stabilità e le norme che vogliono rivoluzionare, senza una preventiva contrattazione, gli orari di insegnamento dei docenti della scuola secondaria? Nelle scuole c’è chi si organizza.

red – Cosa fare per contrastare il DDL Stabilità e le norme che vogliono rivoluzionare, senza una preventiva contrattazione, gli orari di insegnamento dei docenti della scuola secondaria? Nelle scuole c’è chi si organizza.

Documento dei docenti del Liceo Pilo Albertelli contro l’art. 3 della Legge di Stabilità 2013, approvato all’unanimità al collegio del 15/10/2012

I docenti del Liceo Pilo Albertelli denunciano la grave situazione che si verrà a creare nella scuola italiana qualora venisse approvato l’articolo 3 della legge di stabilità 2013, attualmente in discussione nelle Commissioni di Camera e Senato.

L’articolo in questione aumenta di un terzo l’orario di lavoro dei docenti a parità di salario. Si tratta nel metodo e nel merito di un provvedimento sbagliato e iniquo. Nel metodo perché, in assoluto spregio al diritto e alla Costituzione della Repubblica, si interviene su una materia che è regolata da contratti liberamente sottoscritti fra le parti e si impongono dall’alto prestazioni di lavoro che non sono previste nel CCNL attualmente in vigore:
si tratta di un pericoloso precedente che mortifica la civiltà del lavoro e delinea un paradigma autoritario e illiberale di relazione stato-cittadino. Neanche nei modelli totalitari lo stato interveniva a stabilire i tempi di lavoro e persino lì si preservavano le apparenze della contrattazione fra le parti.

Ma il provvedimento è anche sbagliato nel merito. Chiunque operi nella scuola, infatti, sa bene che le ore di lezione frontali sono soltanto una parte dell’attività di un docente, che spende la propria professionalità anche nella preparazione delle medesime, nella predisposizione e nella correzione dei compiti in classe, nei ricevimenti delle famiglie, nella programmazione e nelle attività collegiali. Occorre poi sottolineare con chiarezza che l’aumento dell’orario di lavoro non si tradurrà in un incremento delle ore di lezione impartite in una singola classe (che anzi sono state notevolmente diminuite dalla Riforma Gelmini), ma in un numero maggiore di classi per singolo docente, il che tenderà a indebolire l’aspetto relazionale della didattica, a spersonalizzarla e ad allontanarla dalle esigenze e dai bisogni dello studente, che invece sarebbe doveroso valorizzare nella sua individualità.

Occorre poi dire con chiarezza che docenti italiani hanno un carico settimanale di ore di lezione in classe – che, lo ripetiamo, sono solo una parte del totale – superiore alla media europea, sia nella scuola primaria (22 contro 19,6) sia nella secondaria superiore (18 contro 16,3) e praticamente identico nella scuola media (18 contro 18,1). Alcuni esempi concreti possono chiarire ciò di cui stiamo parlando: un docente francese a inizio carriera, abilitatosi con l’agrégation, ha 15 ore di lezione frontali a settimana per circa 2500 euro di stipendio, mentre il suo omologo italiano ne lavora 18 (oltre a tutto il carico supplementare di lavoro a casa di cui abbiamo parlato) per circa 1300; ora gli si chiede di lavorarne 24, andando di fatto a ridurre il suo stipendio orario.

L’effetto di questo provvedimento sarà devastante in termini sociali: se il nostro orario aumenterà di un terzo, una cattedra su quattro sarà assorbita da chi già lavora; secondo alcune stime si perderanno circa 30 mila posti di lavoro. Ancora una volta, dopo la soppressione di 87 mila cattedre per effetto della riforma Gelmini, dopo il blocco degli scatti di anzianità e la mancata firma dei contratti di lavoro, scaduti da anni, è la scuola a pagare la crisi. In Italia come in Europa i debiti sovrani vengono garantiti dal sacrificio dei lavoratori e dal taglio del welfare, mentre ingenti risorse vengono dirottate sulle banche e su quei soggetti che sono responsabili della
crisi, con un tasso di iniquità sociale che non ha precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale.

A perdere il lavoro saranno quei giovani docenti, che il Ministro dice di voler tutelare: un massacro generazionale, dunque, oltre che sociale; i giovani insegnanti, che lavorano da anni come supplenti reclutati dalle Graduatorie ad Esaurimento e assicurano con la loro professionalità e la loro competenza il regolare andamento dell’anno scolastico, vengono ora tagliati come rami secchi, senza considerare che si tratta di abilitati vincitori di concorso, titolari in alcuni casi di dottorati di ricerca e di master; il massacro è dunque sociale, generazionale e cognitivo, ciò che la nostra comunità repubblicana non può permettersi in questo momento di gravissima crisi economica.

C’è poi un altro aspetto: quest’ansia di misurare con parametri esclusivamente quantitativi il lavoro dell’insegnante nasconde un profondo disprezzo che vuol fare di lui non più un intellettuale che tramanda cultura e costruisce un’apertura di senso nel dialogo educativo con gli studenti, ma un guardiano a ore pagato per un parcheggio giornaliero e chiamato a impartire un sapere talmente elementare e meccanizzato che si possono aumentare a piacimento le sue ore di lavoro, senza che questo comporti un abbassamento del livello qualitativo. In realtà le cose non stanno così e la dequalificazione dell’insegnamento, la sua regressione a ripetizione sproblematizzata sarà inevitabile: parte del tempo che il docente impiega, nelle biblioteche o a casa, nella propria formazione, nello studio e nella selezione del materiale didattico verrà occupata dal carico di lavoro supplementare e la figura
dell’insegnante-intellettuale (pensiamo che Pavese, Pasolini e molti altri sono stati all’inizio insegnanti di liceo!) verrà integralmente distrutta.

Ma non c’è soltanto il mancato riconoscimento di questo ruolo; è in gioco anche un profondo disprezzo per il lavoro in quanto tale, il retro pensiero, neanche tanto celato, che il corpo del lavoratore sia una macchina che può esser fatta funzionare sempre più a lungo e alla quale si possono estorcere energie sempre maggiori – idea infondata tanto più quando il lavoro in questione è di tipo intellettuale e richiede lucidità e presenza a sé. Non si
tratta soltanto della fatica fisica di fare lezione su argomenti eterogenei, complessi, che richiedono preparazione e studio continui – a un docente di filosofia e storia può capitare di far lezione nello stesso giorno sulla Deduzione trascendentale delle categorie in Kant, sulla guerra dei Trent’anni, sulla crisi del ’29, sulla dottrina dei predicabili in Aristotele, sulla curva dei prezzi alimentari nel 1300, sull’epistemologia post popperiana – ma di un disegno che, aumentando le ore attraverso l’assegnazione di un maggior numero di classi, incide pesantemente sugli aspetti relazionali dell’insegnamento e sull’attività di ricerca correlata alla didattica e ad essa finalizzata.

Questa barbarie che si sta perpetrando contro la civiltà del lavoro e la cultura ci spinge ad una resistenza non violenta, ma ferma e intransigente. È perciò che i docenti del Liceo Albertelli si costituiscono in assemblea permanente contro l’articolo 3 della legge di stabilità 2013, con lo scopo di promuovere la costituzione di una rete di scuole romane che vogliano impegnarsi in questa direzione, avviare una serie di iniziative che coinvolgano
studenti e genitori, distribuire materiale informativo ed esporre una serie di segni che rendano visibile la loro protesta.

È in gioco la dignità dell’insegnante, la civiltà del lavoro, il bene comune della scuola e il ruolo della cultura nella società. I docenti del Liceo Albertelli sono donne e uomini liberi che difenderanno tutto questo.

La Scuola Iblea – Orario docenti: scuola ancora una volta messa all’angolo. Che fare?

E’ uscito il 16/10/2012, sul quotidiano Il manifesto, un interessante articolo firmato da Giuseppe Caliceti, che offre una prospettiva controcorrente, rispetto alla polemica sull’aumento dell’orario di lavoro dei docenti, contenuto nella Legge di stabilità 2013. Il titolo dell’articolo (“ Cari Prof: sporcatevi le mani. Non solo d’inchiostro “) fa riferimento alle numerose lettere di protesta, sicuramente sacrosante, che giungono alle redazioni di giornali e siti web, scritte da docenti indignati e arrabbiati: un’azione giudicata sterile.

La classe docente, il mondo della scuola, è pur vero, non sono stati interlocutori ascoltati e rispettati, dai governi della destra (così come da questo governo “tecnico”); ma l’atteggiamento complessivo, secondo il commentatore, non sarebbe stato mai di opposizione ferma, intransigente, militante, a difesa di un sistema di valori e diritti che era stato faticosamente messo insieme nei decenni precedenti, attraverso le lotte di generazioni di docenti e studenti. Sempre per l’articolista del Manifesto, una cartina di tornasole dell’insipienza dei docenti italiani è costituita dalla bassissima partecipazione all’ultimo sciopero indetto dalla FLC CGIL.

Su quest’ultimo punto, onestamente, dissentiamo dal lucido articolista: ci sono stati scioperi e varie iniziative di massa, in questi ultimi 15 anni, piuttosto partecipati; così come sono state innumerevoli le occasioni di pubblico dibattito in cui il mondo della scuola (docenti, studenti, famiglie) è riuscito ad accendere i riflettori sullo stato inadeguato del nostro sistema educativo. Ci sembrano poi ingenerose le accuse, formulate nell’articolo, di “ pochezza politica “, “ paura “, “ individualismo “, viste come “ ataviche debolezze del corpo docente italiano “ .

E’ però pur vero , che con la sua ultima proposta, il ministro ed il governo ci hanno stretti all’angolo: ancora una volta! E qui ha ragione pienamente l’articolista del Manifesto quando afferma:

“Non voler passare da 18 a 24 ore settimanali, se non si spiega bene, rischia difficile da comprendere da un’opinione pubblica addestrata per anni da media e politici all’esercizio della denigrazione della scuola pubblica e dei suoi docenti “.

Che fare, dunque? Certo non limitarsi a macchiarsi le mani d’inchiostro, firmando solo petizioni e scrivendo lettere infuocate. Ma, a nostro avviso, non ha neppure senso l’ennesimo sciopero, sia pur generale, già indetto dai sindacati – al quale, ovviamente, parteciperemo anche noi . Si dirà che c’è da dare subito una risposta ferma, uno stop all’incredibile proposta governativa: da qui, lo sciopero. Forse è vero, se non altro per affermare alcuni principi di diritto: i contratti non sono carta straccia, il lavoro si paga! E tuttavia, a nostro avviso, è ancora un combattere stretti nell’angolo.

Perché il vero problema , come ha affermato il noto pedagogista Benedetto Vertecchi (non a caso, inascoltato da un ventennio…), è fare capire all’opinione pubblica, che “ se manca un progetto è inutile cambiare orario “! Ecco il problema: qual è il progetto educativo per cui si battono i docenti italiani ? Diciamocelo onestamente: la lotta politica e sindacale degli ultimi 15 anni, dalla Moratti in giù, è sempre stata di “controbattuta”, perché dettata dall’agenda governativa. E del resto, nessuna forza politica d’opposizione ha mai formalizzato un credibile e complessivo progetto , capace di superare l’attuale stato di cose.

Ne è derivata una battaglia di conservazione, di difesa addirittura dello status quo e come tale, purtroppo, continua ad essere vista dall’opinione pubblica, nel momento in cui l’intero mondo del lavoro viene messo in scacco dalla crisi e dalle misure governative escogitate per fare subito cassa.

Allo sciopero si andrà, sicuramente, sarà molto partecipato e probabilmente si riuscirà a bloccare la proposta dell’aumento gratuito dell’orario di lavoro. Ma si tratterà solo di un breve respiro, in attesta del prossimo pugno in faccia. Le forze politiche che saranno capaci di bloccare l’assurda proposta governativa, passeranno a riscuotere il loro credito alle prossime elezioni, ma di un piano educativo per il nostro paese non si parlerà nemmeno!

Ecco allora come sporcarsi per bene le mani: elaborare un progetto educativo nazionale, nuovo, che guardi al futuro, senza paura e che rinnovi, assicurandone l’affermazione, l’idea stessa di scuola pubblica. I docenti escano dall’angolo e incalzino i loro partiti o movimenti di riferimento a darsi da fare: il paese ha bisogno di una scuola migliore e non può più attendere!

Prof. Carmelo Peri – In data 16/10/2012 è stata costituita l’Assemblea Nazionale Degli Insegnanti Scuola Pubblica ANDISP per contrastare l’approvazione in Parlamento delle norme penalizzanti il settore Scuola previste nel Decreto legislativo, noto con il nome Legge di stabilità 2013, già approvato dal Consiglio dei Ministri di Martedì 9 Ottobre 2012.

Il decreto, introduce norme che potrebbero portare a ulteriori numerosi tagli di cattedre, a ulteriori riduzioni del netto in busta paga, al blocco dei contratti statali fino al 2014, al mancato pagamento nel biennio 2013-2014 dell’indennità di vacanza contrattuale ed a un aumento di carico di lavoro per i Docenti senza che vi sia un corrispondente aumento degli emolumenti.In particolare l’articolo 3 del decreto legge introduce l’aumento dell’orario di servizio da 18 ore settimanali a 24 ore settimanali, mentre l’art.8 conferma il blocco dei contratti fino al 2014 e il mancato pagamento nel biennio 2013-2014 dell’indennità di vacanza contrattuale. Al fine di preservare la professionalità degli Insegnanti, la sopravvivenza della Scuola Pubblica, il rispetto delle norme contrattuali, il futuro dei nostri figli, il lavoro di ciascuno di noi, i Sottoscritti Docenti decidono di riunirsi in
Assemblea Permanente e riconoscersi sotto l’acronimo di A.N.D.I.S.P. (Assemblea Nazionale degli Insegnanti Scuola Pubblica).

All’Assemblea possono aderire tutti i Docenti di Ruolo, i Docenti Precari abilitati con concorso ordinario, i Docenti Precari abilitati con corso-concorso, i Docenti Precari abilitati con S.S.I.S., i Docenti, tutti, che abbiano lavorato nella scuola pubblica per almeno 1 giorno. Si invitano quindi i Docenti che intendono aderire all’Assemblea Permanente di scaricare il file che potranno trovare all’indirizzo web http://andisp.altervista.org e di sottoporlo alla sottoscrizione del proprio Collegio dei Docenti.

Si comunica inoltre la propria adesione alla sottoscrizione della petizione popolare da sottoscrivere on-line al link

prof. Antonello Venditti Ascoltiamo i consigli dei nostri padri: 6 politico ad oltranza e le cattedre da 24 ore spariranno

L’idea che sottende la bozza di legge di stabilità è chiara: i docenti lavorano poco, cioè sono dei fannulloni, quindi possiamo aumentargli l’orario di lavoro senza dargli il becco di un quattrino.
Dato che invece siamo professionisti, nella maggior parte dei casi con più titoli di tanti dirigenti della pubblica amministrazione, ma chi ci governa non ci comprende e non ci apprezza, dobbiamo dare un segnale forte, anzi molto forte, diciamo pure fortissimo. Sicuramente la partecipazione in massa allo sciopero del 24 novembre sarà un segnale molto forte. Ma questo sarà solo il punto di partenza!

Per proseguire, sarà difficile ipotizzare uno sciopero ad oltranza; ma se questa dovesse essere la strada io sono pronto a percorrerla. Più fattibile sarà uno sciopero bianco (o che rasenti il bianco) ad oltranza, ma i docenti chiusi in aula non avranno una grande visibilità. Sicuramente l’idea del 6 politico è quella più incisiva ed è anche fattibile. Infatti, dato che il voto di ogni materia è attribuito dalla maggioranza dei docenti che compongono il Consiglio di Classe (e non dal docente della materia che si limita a proporlo, come ben sappiamo), possiamo dimostrare il nostro potere a tutta la Nazione, come hanno già fatto i nostri padri quarantaquattro anni fa.
In primis, non si faranno quei corsi di recupero che sono inclusi nelle 6 ore aggiuntive gratuite.

Poi, sono sicuro che, da una dimostrazione del genere, potremo uscirne solo forti e vittoriosi.
E, infine, sono pronto a giurare sin da ora che non si parlerà più di tagli all’istruzione per almeno altri quarantaquattro anni !!!

Se otto ore vi sembran poche… …provate voi a lavorar!

Maurizio Tiriticco – Così cantavano le mondine nel secolo scorso! E aggiungevano: “E noi faremo come la Russia, noi squilleremo il campanel, falce e martel! E squilleremo il campanello, falce e martello trionferà”. Se 18 ore vi sembran poche, provate voi a lavorar… per 24 ore!!! Viene da chiederci: ma chi fa queste pensate?

Conosce il lavoro scolastico oggi, soprattutto nell’istruzione secondaria? E’ mai stato in una scuola? In un’aula? Possibile che ancora resiste l’adagio che vuole gli insegnanti sfaticati e privilegiati, impiegati a mezzo servizio e con tre mesi di ferie???

A proposito: dove si andranno a recuperare i 15 giorni di ferie in più? Mah! E dove va a finire il contratto di lavoro? Stracciato per legge? In una scuola messa alle corde ormai da anni, senza soldi… edifici non a norma… accorpamenti cervellotici che impongono fatiche su fatiche a dirigenti costretti a correre da una sede all’altra, al personale di segreteria impegnato in operazioni contabili sempre più massacranti! Lo so! Ci sono pure le eccellenze! Nonostante tutto! C’è anche la buona volontà e l’impegno di tanti insegnanti! Che registreremo a Firenze il 26 p. v. al Terzo convegno promosso d Educationduepuntozero! Ma che cosa si vuole di più dalla scuola? E poi verrà pure la valutazione di sistema! Come in Europa! Valutare necesse!!! Prima ti stritolo, ti soffoco, e poi ti valuto pure!!! Siamo alla frutta!

In effetti ho sempre detto e scritto che le 18 ore canoniche del lavoro di un insegnante devono essere rivedute e riscritte in funzione non tanto e non solo dell’orario di lavoro di un pubblico dipendente, quanto dell’offerta che un’istituzione scolastica intende dare, ovviamente in un regime in cui lo Stato ponga veramente l’Istruzione con la I maiuscola tra i primi posti dei suoi impegni politici, sociali e finanziari!

Mi sono sempre chiesto quanto sia corretto che l’insegnante debba impegnare tutto il suo tempo, le 18 ore canoniche, nel faccia a faccia con gli alunni in aula! Con quello che accade giorno dopo giorno in questa società fluida nel campo della ricerca e delle applicazioni tecnologiche, e nello stesso mondo degli adolescenti, come si può pensare a un insegnante che entra in aula a recitare la lezione di sempre? Non è così! Le esigenze di chi apprende aumentano in modo esponenziale e un insegnate non può scodellare a una scolaresca inquieta e assetata di saperi nuovi e interessanti la lezione di sempre… quella che poi, ironia della sorte, verrà chiesta anche alla prova del prossimo concorso per docenti! Non esiste più l’insegnante che fa la sua lezione, assegna i compiti e se ne va! Qualche matusalemme resiste, purtroppo, questo è certo, ma gli insegnanti che io conosco – e sono tanti – non sono così!

Allora rivediamolo pure l’orario degli insegnanti! Consideriamo tutti i numerosi impegni che hanno fuori dall’aula, dal contatto diretto con gli alunni! Giungiamo anche a 24 ore, perché no? E che siano debitamente pagate! E si preveda che solo una parte di esse, la metà ad esempio, sia destinata al lavoro in aula! E siano centrali le attività laboratoriali, di cui parlano ormai tutte le nuove Indicazioni nazionali! E altre ore siano destinate alla ricerca, alla progettazione pluridisciplinare, alla produzione di materiali didattici, alle attività di sostegno, rinforzo, recupero, all’orientamento! Se veramente vogliamo una scuola a tempo pieno e a spazio aperto! Come è giusto che sia!

Avremmo più docenti impegnati in un lavoro che oggi non si può più consumare totalmente nelle aule, quelle aule/classi previste da Casati e da Coppino! Ma erano altri tempi ed era necessario che, anche a suon di nerbate, quel 90% degli analfabeti imparasse a leggere e scrivere e a far di conto! Se volevamo entrare in Europa! La scuola non è più quella in cui c’è uno che sa tutto e insegna e uno che non sa nulla è impara!

Non è più così! E in tanti Paesi d’Europa oggi le scuole non sono più così! Solo noi in Italia non siamo capaci di cambiare! In effetti, sono più di dieci anni che non abbiamo un ministro della Pubblica istruzione! Si succedono, legislatura dopo legislatura, uomini di buona volontà! Ma occorre anche competenza! E saper battere i pugni sul tavolo! E non lasciare che il “Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione” – parole altisonanti – sia gestito dal Mef! Perché oggi chiediamo solo agli alunni di essere competenti, e non pretendiamo competenza da chi ci amministra?

Capisco che il momento è difficile e che tutti dobbiamo stringere la cinta! Ma non chiediamo alla scuola di stringerla ancora! Un altro buco e la scuola affonda! Come la Concordia… per l’imperizia dello Schettino di turno!

Roma, 16 ottobre 2012 – 1943! Ricorrenza del rastrellamento degli ebrei del Ghetto di Roma!

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