Dispersione scolastica, in VII commissione indagine conoscitiva: quali strategie?
In VII commissione alla Camera è stata presentata un’indagine conoscitiva con relative strategie di azione per contrastare la dispersione scolastica, uno dei nodi storici alla qualità del sistema di istruzione italiano.
In VII commissione alla Camera è stata presentata un’indagine conoscitiva con relative strategie di azione per contrastare la dispersione scolastica, uno dei nodi storici alla qualità del sistema di istruzione italiano.
Le prospettive di crescita dell’Italia sono strettamente legate, come ha più volte sottolineato anche il Primo Ministro Matteo Renzi, con il sistema di istruzione del Paese e l’enorme massa di giovani che ogni anno abbandona la scuola non può e non deve essere accettata con rassegnazione dai governanti.
Per ridare la giusta spinta alla formazione e all’istruzione bisogna, quindi, innanzitutto riconquistare i giovani non solo migliorando la scuola ma dando loro nuove motivazioni riconoscendo, allo stesso tempo, il lavoro e il ruolo degli insegnanti.
Proprio sulla base di questa premessa la Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati ha avviato una indagine conoscitiva sui processi che portano tanti giovani ad abbandonare la scuola e allo stesso tempo ha presentato delle strategie che prevengano la dispersione scolastica puntando ad una crescita intelligente.
Il Miur per abbattere la dispersione scolastica intende puntare su tre linee di azione:
- Azioni costanti nel tempo e valutazione dei risultati;
- Personalizzazione degli apprendimenti e approccio basato sulle competenze;
- Stretta collaborazione tra scuola, famiglia, territorio e altre agenzie educative.
Indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica
L’indagine, svoltasi dal 23 aprile 2014 al 10 giugno 2014, aveva lo scopo di verificare quali fossero i processi che portavano alla dispersione scolastica.
Gli indicatori tradizionali della dispersione scolastica rimangono bocciature e ripetenze anche se con il contenimento della bocciatura durante il primo ciclo di istruzione si può tranquillamente affermare che, pur rimanendo importanti, tali indicatori sono soltanto una parte del fenomeno dispersione.
Da sempre il numero dei dispersi si è calcolato sottraendo alla popolazione di giovani di età compresa tra i 14 e i 17 anni i giovani iscritti a scuola, quelli assunti in apprendistato e quelli iscritti presso formazioni professionali. Il numero che si ottiene, sempre costante nel tempo, è di circa 110-115 mila giovani che si trovano al di fuori dei percorsi formativi.
Il fenomeno è caratteristico del sud dell’italia e delle Isole; la Campania da sola rappresenta il 20% dei dispersi.
Solo negli ultimi anni si è iniziato a sondare il fenomeno conteggiando gli iscritti al primo anno di istruzione superiore e i diplomati del quinto anno: la differenza tra i due dati segna la quota di studenti che per svariate ragioni abbandona la scuola prima di aver ottenuto il diploma, sottolineando l’inefficienza del sistema scolastico italiano.
Dispersione: i soggetti a rischio
I ragazzi che hanno il rischio più elevato di non arrivare al completamento della scuola secondaria sono di sesso maschile, spesso di origine straniera e con alle spalle famiglie fragili e un passato travagliato. Molto spesso si era correlata la dispersione scolastica con fattori socio-economici, ma i dati forniti da Eurostat indicano invece che la relazione tra abbandono e povertà non è così incisiva, può essere uno dei fattori che influiscono sulla dispersione ma non può essere considerato come il fattore determinante.
Ad influire sulla dispersione sono, in maniera molto più incisiva, i fallimenti pregressi nella scuola. Se uno dei fattori di rischio è rappresentato dalla collocazione territoriale, con le regioni che registrano un maggior numero di dispersioni scolastiche rispetto ad altre, un altro fattore di rischio è rappresentato dalla tipologia di scuola: la dispersione si registra maggiormente negli istituti tecnici e professionali durante il primo biennio (che rientra nella scuola dell’obbligo essendo l’obbligatorietà dell’istruzione fino a 16 anni) e di solito a seguito di una bocciatura.
Strategie di azione per contrastare la dispersione scolastica
- Anagrafe studenti: Il Miur conosce già oggi i dati relativi agli abbandoni scolastici (bocciature e interruzioni), riuscendo ad incrociare questo dato con i dati provenienti dagli INVALSI le scuole potrebbero intervenire in base alle competenze con azioni mirate per prevenire le bocciature. Al momento l’anagrafe degli studenti non esiste, e non è possibile far dialogare tra loro tutte le istituzioni e le agenzie che riguardano i percorsi formativi dei giovani.
- Primo biennio scuola superiore: orientare in maniera migliore il primo biennio di istruzione superiore potrebbe portare ad un significativo calo della dispersione scolastica: in questo modo lo studente potrebbe passare da un indirizzo di studio all’altro riducendo la dispersione. AL momento questo non è possibile poiché istituti tecnici, istituti professionali e licei non dialogano tra loro e non sono integrati, non permettendo facilmente ai giovani il passaggio da un sistema all’altro rappresentando una fonte non trascurabile di dispersione.
- Autonomia compiuta: Nel processo di apprendimento vanno coinvolti tutti gli agenti che influenzano l’educazione. L’autonomia compiuta della scuole permetterebbe di adattare il progetto di ogni scuola al territorio in cui si trova riuscendo a rispondere in maniera migliore ai bisogni e alle domande di studenti e famiglie.
- Istruzione e formazione professionale: Contro la dispersione un ottimo strumento negli ultimi anni sono stati i percorsi di formazione triennale. L’offerta formativa deve sapere rispondere ai bisogni di formazione dei giovani offrendo quanti più percorsi possibili. Nel sistema scolastico italiano la formazione offerta da tecnici e professionali non sa rispondere a tali bisogni e fa aumentare la divergenza tra la richiesta e l’offerta fornita dalle scuole. Valorizzando nel giusto modo l’apprendistato attraverso un potenziamento delle esperienze scuola-lavoro potrebbe essere la risposta giusta ad una parte del problema della dispersione.
- Scuola aperta: con corsi di recupero pomeridiani si potrebbe prevenire il rischio bocciatura. Recuperando con corsi pomeridiani obbligatori le lacune accumulate anche attraverso il volontariato, l’associazionismo e soggetti portatori di risorse professionali facendo in modo che la scuola non porti soltanto ad un contrasto realizzato all’interno del sistema scolastico, ma che apra le sue porte anche esperienze pratiche oltre ai saperi e alle discipline teoriche.
- Formazione docenti: la formazione dei docenti dovrebbe essere una delle chiavi per combattere la dispersione aumentando la qualità della didattica che dipende in modo molto stretto dalla formazione degli insegnanti in servizio attraverso programmi di arricchimento lessicale, insegnamento reciproco tra pari, relazioni tra studente e insegnanti. Quello che servirebbe alla scuola sarebbe un organico di istituto composto da docenti dedicati, rimotivati professionalmente.
- Studenti di cittadinanza non italiana: gli studenti stranieri rappresentano una fascia di rischio dispersione molto larga. Per aiutare questi studenti a superare i loro disagi ci sarebbe bisogno di corsi intensivi di italiano che durino tutto l’anno, laboratori pomeridiani e inserimenti nelle giuste classi di appartenenza (ogni studente non italiano che si iscrive deve essere inserito nella classe della sua età per una maggiore inclusione).
- Nuovi ambienti di apprendimento: per combattere la dispersione e riavvicinare i giovani alla scuola c’è bisogno anche di riprogettare gli spazi in cui l’apprendimento avviene, riprogettando l’edilizia scolastica, la distribuzione degli spazi e gli arredi. Le aule devono essere trasformate in aree organizzate di lavoro on ambienti di apprendimento attivi e stimolanti.
- Riordino dei cicli e taglio di un anno: riordinare i cicli scolastici potrebbe essere uno strumento alla lotta contro la dispersione scolastica. La variante dei 4 anni anziché 5 potrebbe essere un modo per accorciare il percorso di scuola superiore, creando poi un anno-ponte tra l’istruzione secondaria e quella post-secondaria riducendo allo stesso tempo l’esame di maturità a sole due o tre discipline mirate vincolate al tipo di percorso intrapreso o correlata alla scelta degli studi successivi.