Video vessazioni su disabile. Depositata sentenza assoluzione di Google, Garante della privacy chiede cambio delle regole

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Giulia Boffa – I giudici milanesi Malacarne, Arienti e Milanesi hanno depositato le motivazioni della sentenza di assoluzione di Google per quanto riguarda le responsabilità sulla violazione della privacy per il video delle vessazioni allo studente disabile da parte dei suoi compagni di scuola, caricato su youtube.

Giulia Boffa – I giudici milanesi Malacarne, Arienti e Milanesi hanno depositato le motivazioni della sentenza di assoluzione di Google per quanto riguarda le responsabilità sulla violazione della privacy per il video delle vessazioni allo studente disabile da parte dei suoi compagni di scuola, caricato su youtube.

Vi ricordiamo che i responsabili del colosso americano erano stati prima condannati a sei mesi e poi invece assolti lo scorso dicembre dalla Corte di Milano perché il fatto non sussiste, accogliendo la linea difensiva degli avvocati Giulia Bongiorno, Giuseppe Vaciago e Carlo Blengino.
 
I tre giudici nella sentenza motivano che Google non aveva, in base all’ordinamento, alcun obbligo né di controllo preventivo sui contenuti caricati in Rete, né informativo in relazione al trattamento dei dati personali e che l’informativa sulla privacy, che apparve quando i ragazzi caricarono il video, era "talmente nascosta nelle condizioni generali di contratto da risultare assolutamente inefficace".
 
Inoltre spettava alla ragazza cha aveva caricato il video "l’obbligo di acquisire il consenso al trattamento dei dati personali", e che  non ci sono norme che impongono all’Internet provider "di rendere edotto l’utente circa l’esistenza e i contenuti della legge della privacy"e "non può essere ravvisata la possibilità effettiva e concreta di esercitare un pieno ed efficace controllo sulla massa dei video caricati da terzi, visto l’enorme afflusso di dati".
 
Pertanto non era possibile inserire alcun "filtro preventivo", sia per "la complessità tecnica di un controllo automatico", sia perché si tratterebbe di una "scelta da valutare con particolare attenzione in quanto non scevra di rischi" per i suoi riflessi sulla "libera manifestazione del pensiero".
 
Non c’è neanche una motivazione pecuniaria, in quanto al video non si accompagnava nessun link pubblicitario, per cui il video rientrava nei servizi gratuiti. Infine la Corte di Appello ha evidenziato quanto sia la complessità della "questione" del "governo di Internet".
 
Dopo  la pubblicazione della sentenza, è intervenuto in merito Antonello Soro, Garante per la privacy, che ha deciso insieme ai suoi colleghi delle altre 26 Autorità europee per la protezione dei dati, di avviare prima dell’estate un’"azione repressiva" nei confronti di Google che non vuole modificare le sue norme sulla privacy
 
Il Garante ha così commentato "L’azione congiunta di tutti i Garanti europei nei confronti di Google mira ad affermare l’esigenza del rispetto della riservatezza dei cittadini europei anche da parte dei big della rete e dalle imprese che operano nel settore delle comunicazioni elettroniche ovunque siano stabilite. E’ un’azione importante per salvaguardare non solo i cittadini, ma anche le imprese europee.
 
Nel caso in cui non si riuscisse a far in modo che Google si adegui alle indicazioni delle autorità di protezione dati – spiega Soro – e non modifichi la sua privacy policy per mettersi in regola con le norme che si è data l’unione in materia, si determinerebbe infatti una situazione paradossale nella quale le imprese europee, che tutelano maggiormente i cittadini in quanto tenute al rispetto di obblighi rigorosi, sarebbero penalizzate rispetto agli over the top, come Google.
 
Tutto ciò potrebbe peraltro portare con sè – conclude il Garante italiano – il rischio di far passare tra le imprese l’idea sbagliata e certamente dannosa per l’economia europea, specie nel difficile contesto attuale, che sia conveniente stabilirsi in altre parti del mondo per avere le mani libere e operare senza vincoli".
 

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