La Buona Scuola: organi collegiali rivisitati, aperti, agili ed efficaci
di Cinzia Olivieri – Dopo l’annuncio della legge delega seguito da quello della Costituente, era stato il ministro Carrozza a lanciare la proposta di un “referendum” on line (poi meglio definito appunto “consultazione”) per aprire un dibattito pubblico su importanti dieci tematiche della scuola.
di Cinzia Olivieri – Dopo l’annuncio della legge delega seguito da quello della Costituente, era stato il ministro Carrozza a lanciare la proposta di un “referendum” on line (poi meglio definito appunto “consultazione”) per aprire un dibattito pubblico su importanti dieci tematiche della scuola.
Appena a febbraio di quest’anno invece il ministro Giannini si dichiarava scettica in merito ad una consultazione nazionale.
Tuttavia nei primi giorni di settembre, è il primo ministro Renzi a presentare un libretto dal titolo La Buona Scuola, dove sono contenuti i dodici punti salienti del patto educativo del Governo e ad annunciare la consultazione nazionale che dal 15 settembre fino al 15 novembre vuole coinvolgere non solo gli attori della scuola ma anche tutti i cittadini.
Se i numeri hanno un senso, nel rapporto La Buona Scuola il ruolo che ricorre più spesso è “Docente/i” (oltre 250 volte). “Studente/i-alunno/i” segue con netto distacco ma quasi a pari merito con “Dirigente/i-Preside/i”. Quello invece citato meno, dopo il personale ATA, è “Genitore/i” (circa 20 volte). Nella prima fase, nella procedura di iscrizione per la compilazione del questionario il profilo “Genitore” non era neanche indicato ma inserito genericamente nella categoria “Altro”.
Chiara è la figura chiave del documento. Infatti nella sezione dedicata all’Autonomia si specifica che per il buon fine delle azioni proposte occorrono in primo luogo “meccanismi nuovi di formazione, reclutamento e valorizzazione professionale” per realizzazione i migliori formatori.
Il questionario – per registrarsi al quale sono sufficienti username, password e indirizzo mail – ha infatti la dichiarata funzione di “migliorare” il rapporto (che indica gli obiettivi-azioni del Governo) ovvero di sostenerlo.
Realizzare l’autonomia appare preliminare per il cambiamento.
Autonomia (punto 3) significa responsabilità, mobilità dei docenti, nuova e “buona” governance, in particolare valutazione – attraverso Invalsi ed ispettori -, negazione dell’autoreferenzialità, trasparenza con il registro nazionale dei docenti per selezionare quelli da reclutare come organico funzionale con la collaborazione degli organi collegiali (funzione questa non prevista dai recenti disegni di legge di riforma).
Ma in questa buona governance del tutto marginali appaiono i genitori e gli organi collegiali, citati questi ultimi nel rapporto solo tre volte. Di queste, la prima parrebbe essere di buon auspicio laddove si prevede (pag. 68) che il dirigente, dopo averli consultati, potrà chiamare nella sua scuola i docenti con curriculum coerente con le attività con cui intende organizzare l’autonomia e la flessibilità della scuola; le altre due invece ricorrono per precisare la necessità di ridisegnarli distinguendo tra potere di indirizzo e potere di gestione (pag. 71). Per la verità tale ripartizione di competenze non è poi diversa sostanzialmente da quella attuale, dal momento che il consiglio di istituto delibera prevalentemente criteri e definisce gli indirizzi generali per le attività della scuola (art. 3 comma 3 dpr 275/99).
Quali mai potranno essere questi nuovi organi collegiali se il paragrafo (3.3) intitolato alla buona governance (pag. 69) è dedicato al “timoniere” della scuola e cioè al dirigente, perché – si afferma – collegialità non deve essere sinonimo di immobilismo, di veto (ammesso che ciò sia possibile negli attuali equilibri), di impossibilità di decidere? Questa è dunque la visione ed il giudizio dell’attuale governance.
Invece si propongono organi collegiali rivisitati, aperti, agili ed efficaci (pag. 64). Il che nell’ambito del DDL S3542 (il cui testo unificato, approvato in commissione durante la XVI^ legislatura, è sostanzialmente analogo al DDL S933 di iniziativa proprio del ministro Giannini assegnato in VII^ Commissione Senato) si traduce in: autonomia statutaria, sul modello trentino ma senza tener conto degli sviluppi dello stesso; minor numero dei componenti del consiglio (fra 9 e 13); previa proposta del dirigente scolastico per le più importanti materie di competenza del consiglio; modalità di costituzione degli organi definita dallo statuto/regolamento; sorte incerta dei rappresentanti di classe e fine dei comitati genitori; consiglio dell’istituzione aperto ad esterni; nessun collegamento tra gli organi.
Provocatoriamente appare una soluzione più ragionevole abolire gli organi collegiali se mancano concreti spazi per opportunamente valutare e proporre articolatamente modelli alternativi come quello di Bolzano. Perché non è una nuova legge (che si rivelerà buona forse solo in seguito) che realizza una buona governance. Ci sono disposizioni vigenti tanto buone quanto del tutto inattuate e/o inapplicate, basti pensare alla direttiva 487/97 sull’orientamento o, per rimanere in tema, al dlgs 233/99 di riforma degli organi collegiali territoriali, mai sostanzialmente entrato in vigore, con conseguente decadenza di quelli esistenti. Occorrerebbe rafforzarle e non cambiarle.
Invece la percezione è quella di una volontà di cancellazione.
Per l’effetto, nel questionario si chiede poi (retoricamente) se l'attuale assetto della governance della scuola non debba essere modificato; se occorre assicurare la copertura di tutte le scuole con un dirigente in servizio, assumendo quindi più dirigenti (quesito questo apparentemente poco attinente alla governance poiché in generale non è mai auspicabile l’assenza di dirigenza); se invece si debba modificare la composizione degli organi collegiali (numero dei membri e/o meccanismi di rappresentanza, come se quindi il numero influisca sul funzionamento) oppure le loro funzioni per armonizzarle con i poteri decisionali del preside (con ciò implicitamente ammettendo che attualmente non vi è armonizzazione).
Libera invece è la risposta in merito a come (alla luce delle proposte modifiche) possa essere rafforzata la partecipazione della famiglia nella scuola. È legittimo chiedersi in che modo, con quali strumenti, a che scopo ed in quali luoghi fisici se scompaiono gli organi collegiali. E del resto nei predetti disegni di legge si parla solo in maniera molto generica di Partecipazione e diritti degli studenti e delle famiglie.
È da capire come si farà sintesi, considerando che l’eterogeneità dell’ascolto come delle possibili opzioni di fatto potrà legittimare qualunque cambiamento, di cui poi andrebbe valutata l’effettiva congruenza rispetto al reale, ma anche l’assenza di cambiamento.
Le newsletter periodiche e gli aggiornamenti del portale ci informano costantemente sul numero degli accessi al sito e sui partecipanti nonché sulle proposte, sui commenti, sui voti ma sarebbe auspicabile che almeno al termine della consultazione siano individuabili e resi noti i profili coinvolti. Infatti, ad esempio, le impostazioni di iscrizione non permettono di comprendere se si tratta di un genitore con figli a scuola o meno, ma la distinzione rileva perché diversa sarà necessariamente l’ottica del cambiamento proposto.
Insomma per una buona governance di una buona scuola non bastano buone intenzioni ma idee chiare che vengono da un’analisi del reale. Non serve cancellare quello che non ci piace se quello che verrà può esser peggio. Magari migliorare ciò che c’è può spesso essere una soluzione ragionevole.