ANIEF. Pensioni, la parabola discendente è iniziata: gli 86mila docenti assunti nel 2015 lasceranno a 70 anni col 45% in meno

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ANIEF – Gli italiani si rassegnino: l’assegno di pensione è destinato sempre più ad assottigliarsi. L’Istat ha comunicato che la “cura dimagrante”, frutto delle riforme stritola-diritti culminati con la Monti-Fornero, hanno già prodotto effetti tangibili su chi ha lasciato il lavoro nel 2014: rispetto ai pensionati cosiddetti “sopravviventi”, coloro che nel 2013 usufruivano dell’assegno di quiescenza, gli ultimi arrivati percepiscono in media circa 3 mila euro annui in meno. Che corrisponde ad una perdita secca del 18 per cento.

ANIEF – Gli italiani si rassegnino: l’assegno di pensione è destinato sempre più ad assottigliarsi. L’Istat ha comunicato che la “cura dimagrante”, frutto delle riforme stritola-diritti culminati con la Monti-Fornero, hanno già prodotto effetti tangibili su chi ha lasciato il lavoro nel 2014: rispetto ai pensionati cosiddetti “sopravviventi”, coloro che nel 2013 usufruivano dell’assegno di quiescenza, gli ultimi arrivati percepiscono in media circa 3 mila euro annui in meno. Che corrisponde ad una perdita secca del 18 per cento.

Quel che preoccupa è che nel corso degli anni, considerando gli effetti negativi sulle pensioni derivanti dallo spostamento del modello previdenziale da retributivo a contributivo, questa percentuale è destinata a crescere in modo esponenziale. L’ufficio studi dell’Anief ha stimato che gli 86mila docenti assunti nel 2015, a seguito del piano straordinario di immissioni in ruolo introdotto con la Buona Scuola, rispetto a chi lascia il servizio oggi andranno a percepire un assegno mensile decurtato tra il 38% ed il 45%. Ciò significa che un docente che oggi percepiva una pensione di 1.500 euro, molto realisticamente lascerà in servizio a ridosso dei 70 anni per andare a percepire una pensione che varierà tra i 930 e gli 825 euro.

Se consideriamo che già oggi il 40,3% dei pensionati percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese, lo dice sempre l’Istat, non occorre essere dei maghi per comprendere che la popolazione italiana oggi di mezza età è destinata a percepire delle pensioni davvero molto lontane dalle attuali. Per non parlare dei giovani, i quali sono i più danneggiati dai cambiamenti normativi previdenziali. Tanto che la loro pensioni medie avranno una consistenza vicina, nella maggior parte dei casi, agli attuali assegni sociali.

 

“È una prospettiva inaccettabile: non è possibile lavorare una vita, andare in pensione a 70 anni suonati e poi percepire la stessa cifra di chi non ha mai lavorato”, è il commento di Marcello Pacifico, presidente ANIEF e segretario confederale CISAL. “I dati Istat sono solo l’inizio di una parabola discendente che tra trent’anni pagheranno sulla loro pelle tutti coloro che sono stati assunti oggi. Ad iniziare dalla scuola. Dove gli stipendi sono già di partenza ridotti all’osso, tanto da essere i più bassi della pubblica amministrazione italiana e dell’area Ocde”.

“Il personale – continua Pacifico – non si rende ancora conto di tutto ciò e di quanto è stato penalizzato a livello previdenziale dalle ultime riforme pensionistiche: per questo motivo, il nostro sindacato ha programmato una serie di incontri con i lavoratori della scuola. Gli esperti dell’Anief forniranno stime realistiche sulle pensioni che il personale è destinato a percepire, ma prospetteranno anche possibili iniziative da intraprendere per cercare di non ridurre ai minimi termini l’assegno di pensione. Esistono da alcuni anni dei fondi integrativi di settore, che rappresentano un’opportunità. La vera soluzione, comunque, è quella politica”.

“Non è possibile – continua il sindacalista Anief-Cisal – che lo Stato conceda ai suoi dipendenti soltanto contributi figurativi e continui a trattenere una quota nelle loro buste pag. Per poi corrispondergli pensioni da fame anche dopo 43 anni di lavoro. Occorre poi svincolare dal bilancio Inps le spese per lo stato sociale, che pesa tantissimo, per oltre due terzi dalle uscite dell’ente nazionale di previdenza. Ricordiamo che i fondi Inps vengano assorbiti in larga parte dalla cassa integrazione in deroga, destinata quasi sempre ai dipendenti privati”.

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